Melissa
(Tramuschio? 1487 ca - Ferrara 1542)
Il dipinto è da collocarsi negli anni della prima maturità del pittore ferrarese. Raffigura una donna in primo piano dall'aspetto imponente, che indossa un turbante e abiti sontuosi dai colori sgargianti. Immersa in un paesaggio boschivo, è seduta all'interno di un cerchio in cui sono trascritti simboli che richiamano la Cabala ebraica; nella mano sinistra impugna una fiaccola, mentre con la destra regge una tavoletta con disegni geometrici.
La figura femminile è stata identificata con una maga, inizialmente Circe, successivamente Melissa, secondo la descrizione data da Ludovico Ariosto nell'Orlando Furioso (VIII canto 14-15). Melissa libera da malvagi incantesimi alcuni paladini: il riferimento potrebbe trovarsi nelle piccole figure umane appese all'albero sulla sinistra dell'opera.
Il restauro ha evidenziato vari pentimenti: sulla sinistra del dipinto, al posto del molosso e dell'armatura c'era una figura maschile stante a cui la maga volgeva lo sguardo.
L'opera, verosimilmente, giunse da Ferrara nella collezione di Scipione Borghese intorno al 1607-1608, tramite il cardinale Enzo Bentivoglio.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Datazione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Provenienza
Collezione Borghese, Manilli 1650, p. 82; Inventario 1693, Stanza VIII, n. 42; Inventario 1765, p. 16, Stanza del Saturno; Inventario 1790, Stanza IX, n. 16; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 10, n. 19. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
- 1935, Parigi
- 1940, Napoli
- 1985, Roma, Palazzo Venezia
- 1998-1999, Ferrara, Palazzo dei Diamanti – New York, Metropolitan - Los Angeles, P. Getty Museum
- 2003-2004, Bruxelles, Palais des Beaux-Arts
- 2014, Torino, Venaria Reale
- 2016-2017, Ferrara, Palazzo dei Diamanti
Conservazione e Diagnostica
- 1815, Lorenzo Principi
- 1914, Francesco Cocchetti
- 1995, Emmebici (indagini diagnostiche)
- 1996, Guido Piervincenzi (ditta Elena Zivieri)
- 2020/2021 Leonardo Severini
- 2021, Measure3D di Danilo Salzano (scansioni laser 3D)
- 2021, ArsMensurae di Stefano Ridolfi (indagini diagnostiche)
- 2021, IFAC-CNR (indagini diagnostiche)
Scheda
Originale e primigenia composizione della fortunatissima iconografia ariostesca dell’Orlando Furioso, è tra le opere ferraresi giunte in anni precoci nella raccolta del cardinale Scipione Borghese. La prima attestazione è quella di Jacopo Manilli (1650), che descrive il dipinto come «[…] una maga che sta facendo incantesimi, è de i Dossi», accertandone subito correttamente la paternità.
Dopo essere stata identificata prima come una generica maga, poi come Circe, l’incantatrice dai riccioli belli dell’isola di Eea descritta nel X canto dell’Odissea da Omero, fu per primo Julius von Schlosser (1900) a riconoscere in questa importante tela di Dosso il ritratto di Melissa, personaggio del canto VIII dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. La benevola madrina della discendenza estense è qui rappresentata nel momento del sortilegio che consentirà la liberazione di Ruggiero e dei suoi cavalieri dall’incantesimo attuato da Alcina, che li aveva trasformati in fiori, alberi e animali. Questa immagine è stata costruita da Dosso come un complesso emblema celebrativo del personaggio e, di conseguenza, degli Este, ruolo consegnato a questa “Maga Buona” dallo stesso Ariosto, che gli affida delle parole di profezia riguardo la discendenza dei duchi di Ferrara.
Oltre alla corrispondenza con la fonte letteraria del cerchio magico, di alcune miniature di uomini in cera sul tronco dell’albero a sinistra, del cane che guarda verso lo spettatore e dell’armatura, un ulteriore completamento dell’interpretazione è stato possibile grazie allo studio della radiografia della tela (Coliva 1998). Questo ha rivelato la presenza di una figura armata all’interno del cerchio, originariamente prevista dal pittore e successivamente occultata: tale elemento rende la lettura del soggetto al contempo complessa e completa, rimandando all’episodio presente nel canto III in cui Melissa, conducendo Bradamante presso la tomba di Merlino, pronuncia una lode ai discendenti dei due paladini, seguita da una sfilata all’interno del sacro cerchio di tutta la progenie estense, fino ad arrivare ad Alfonso e al fratello cardinale Ippolito. Sulla base di questa lettura, la figura armata avrebbe dovuto rappresentare Bradamante, poi eliminata per introdurre degli elementi maggiormente comprensibili riferiti al canto VIII (Farinella 2008; Idem 2012; Idem 2014). A completare idealmente l’immaginaria prolusione di Melissa dovevano essere il duca, i suoi familiari e la sua corte, osservatori privilegiati del dipinto (Caneparo 2015).
La realizzazione dell’opera è da collocare negli anni immediatamente successivi alla prima edizione del poema (1516), dunque intorno al 1518 (Romani in Ballarin 1994-1995). Questa datazione è confermata dallo stile del Dosso, che in questa tela è capace di fondere l’eccentricità della pittura transalpina con le sperimentazioni espressive giorgionesche e tizianesche, soprattutto per quanto riguarda il luminoso cromatismo del paesaggio campeggiato dalla figura dai toni sibillini e monumentali di Melissa, ispirata tanto al classicismo di Tiziano quanto a quello di Raffaello.
Lara Scanu
Bibliografia
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- G. Gruyer, L’art Ferrarais a l’époque des Princes d’Este, Parigi 1897, p. 410;
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