Il pannello musivo venne scoperto nel XVIII secolo, insieme a un secondo presente nella stessa sala V, tra i ruderi di una grande villa romana, nella tenuta Borghese di Castell’Arcione, sulla via Tiburtina. L’allestimento del mosaico nel pavimento della sala fu realizzato durante i grandi lavori di ristrutturazione della palazzina sotto la direzione dell’architetto Antonio Asprucci ed è descritto, nel 1796, da Ennio Quirino Visconti. Vi è rappresentata una scena di pesca con due uomini, un giovane e un anziano, seduti in barca, resi da vivaci tessere. Affinità stilistiche presentano tre emblemata, con teste di divinità marine, posti nella pavimentazione della sala VII, che potrebbero provenire dal medesimo contesto.
Il mosaico si può inquadrare, sull’osservazione delle caratteristiche di stile tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C.
L’emblema, collocato nel pavimento del vano della finestra, raffigura due pescatori seduti su una barca, entrambi a torso nudo, nell’atto di pescare. Il giovane a sinistra, coperto solamente da un panneggio sul bacino, impugna nella mano destra una canna da pesca protesa nel mare e nella sinistra un retino per afferrare la preda. Dietro di lui è pronta una cesta per accogliere il pescato. Il personaggio di destra, di età avanzata, indossa una stoffa che gli cinge i fianchi, è volto verso sinistra e compie una torsione del viso per guardare di sottecchi il compagno. Lo sguardo è sottolineato dalle tessere bianche degli occhi nelle quali risalta il colore delle pupille. Il braccio destro è teso a reggere la canna. Il cielo è reso da tessere grigio verde, di grandezza regolare, mentre il mare, di colore nero, sembra contornare e mettere in evidenza i corpi muscolosi delle due figure.
Il riquadro musivo proviene, insieme ad un secondo presente nella stessa sala V, da un’ampia villa romana rinvenuta nel XVIII secolo nella tenuta Borghese di Castell’Arcione, sulla via Tiburtina (Mari 1933, pp.250-251, 258-260). Ennio Quirino Visconti, nel 1796, ne conferma la provenienza e ne descrive la sistemazione nella sala a opera dell’architetto Antonio Asprucci, che diresse la ristrutturazione e il nuovo allestimento tardo settecentesco della Villa (Visconti, Lamberti 1796, p.38). Marion Elizabeth Blake, nel 1940, avanza l’ipotesi che provengano dallo stesso sito anche tre riquadri musivi a soggetto marino, stilisticamente simili, collocati nella pavimentazione della sala VII (Blake 1940, p. 117, Moreno, Sforzini 1987, p. 345). L’autrice propone, per il riquadro in questione, una datazione all’epoca severiana, sulla base di osservazioni stilistiche, quali l’uso del fondo nero del mare e l’irregolarità delle dimensioni delle tessere nel loro allettamento. La mancanza di dati certi circa la contestualizzazione cronologica del contesto scavato inducono a confermare tale inquadramento cronologico soltanto su base tecnico stilistica.
Giulia Ciccarello