Questa scena d'interni - con buona probabilità raffigurante il 'Parto di Santa Elisabetta' - è rappresentata con un senso di intimità domestica che fonde insieme elementi di cultura fiamminga con un apprendistato veneziano. Raffigura al centro, intorno a un tavolo, due donne e una bambina mentre alle loro spalle una donna anziana - forse Elisabetta, o secondo alcuni Rachele - è distesa su un letto, assistita da una vecchia nutrice. Di certo la loro presenza, unita a quella di una balia con un neonato, di due bambini con un cane e di diverse donne sullo sfondo con un infante, sembra riferirsi al tema dell'infanzia, qui trattato in tutte le sue sfaccettature. Il dipinto, di autore ignoto, è stato attribuito dalla critica al pittore olandese Lambert Sustris.
Cornice ottocentesca con quattro palmette angolari cm 96,2 x 117,5 x 8
(?) Ferrara, Lucrezia d'Este, 1592 (Inventario Lucrezia d’Este, 1592, p. 14; Della Pergola 1955); Roma, collezione Borghese, 1783 (W. Heinse in Wiecker 1977); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 21. Acquisto dello Stato, 1902.
È molto probabile che questo dipinto, notato da Wilhelm Heinse nella sua descrizione dei quadri dei Borghese del 1783 (cfr. Wiecker 1977), provenga dall'eredità di Lucrezia d'Este, già identificato da Paola della Pergola con la tela così descritta nell'inventario dei beni del 1592 della ricca nobildonna: "Una Natività quale è copia di quella di Firenze in quadretto tella" (Inv. Lucrezia d’Este, 1592; Della Pergola 1955). Sempre che non si tratti di un'ennesima versione, non c'è dubbio, infatti, che il quadro in esame sia proprio quello citato dall'estensore del documento cinquecentesco, derivato dunque dalla Natività attualmente conservata a Palazzo Pitti di Firenze riconosciuta come opera di Friedrich Sustris (Inv. 1912, Palatina 394; A. Tamvaki 1999). Se così fosse, il dipinto Borghese, dal soggetto alquanto problematico, rappresenterebbe Il parto di Santa Elisabetta, il cui prototipo, presente nell'inventario della Tribuna degli Uffizi nel 1589, è noto in altre due versioni, una conservata a Braunschweig e l'altra già in collezione privata milanese (per un parere diverso si rimanda a Hoogerwerff (1943) che ipotizza una derivazione della composizione Borghese da un dipinto conservato al castello di Blankenburg).
Al pari dell'originale, anche la tela capitolina ha ricevuto diverse attribuzioni. Elencata, infatti, in un primo momento come opera di 'Scuola veneziana' (Inv. Fid. 1833), fu dapprima avvicinata da Giovanni Morelli allo Scarsellino - cui lo studioso attribuì anche la Natività di Firenze (cfr. Della Pergola 1959) - e nel 1893 a un ignoto pittore sensibile ai modi del Parmigianino (A. Venturi 1893). Il primo a fare debitamente il nome di Lambert Sustris fu Alfred Peltzer (193-14) che, rifiutando il riferimento al Bertoja proposto da Giulio Cantalamessa (cfr. Della Pergola 1955), riconobbe nell'opera Borghese la mano di un pittore di cultura fiamminga da tempo attivo a Venezia, assegnando al contempo a Friedrich Sustris, figlio di Lambert, il prototipo fiorentino. Tale pista, percorsa con convinzione dal Baumgart (1931-32), fu infine confermata da Paola della Pergola (1955) e mai più messa in discussione (cfr. da ultimo Herrmann Fiore 2006).
Come già detto, il soggetto non appare chiaro. È possibile, tuttavia, che al pari della tela fiorentina rappresenti il 'Parto di Santa Elisabetta' oppure, come ipotizzato da Marta Privitera a proposito della Natività Pitti (in Magnificenza alla corte dei Medici 1997), la nascita di Giuseppe da Rachele alla presenza di Lia e degli altri fratelli. Di certo, le raffigurazioni di una balia con un neonato, di due bambini intenti a giocare con un cane e di diverse donne sullo sfondo ritratte mentre lavano un infante, esprimono tutte il tema dell'infanzia, qui rappresentato in tutte le sue sfaccettature.
Alcune varianti dell'opera, datata al 1550 circa (cfr. Herrmann Fiore 2006), si conservano al Louvre, al Museo di Lione e in quello di Amsterdam.
Antonio Iommelli