L’opera appartiene ad un gruppo di quattro vedute di formato circolare, tutte dedicate ad importanti piazze di Roma. La serie fu eseguita dal miniaturista Johann Wilhelm Baur, nativo di Strasburgo, ed è datata al 1636 circa, durante il soggiorno italiano dell’artista. Le vedute, attestate per la prima volta nell’inventario Borghese del 1693, sono probabilmente entrate nella raccolta subito dopo il loro completamento.
Collezione Borghese, citata per la prima volta nell’ Inventario 1693, Stanza XI, n. 36; Inventario 1790, Stanza VII, nn. 82-85; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 26, nn. 15-18. Acquisto dello Stato, 1902.
La veduta di Piazza del Quirinale è una della serie di quattro miniature di formato circolare eseguite dall’artista alsaziano Johann Wilhelm Baur e appartenenti alla collezione Borghese fin dal Seicento. L’ingresso di queste opere nella raccolta avvenne probabilmente poco dopo la loro esecuzione, intorno al 1636, forse tramite acquisto di Marcantonio II Borghese o come dono dell’artista allo stesso principe. La datazione è stata proposta dalla critica (Della Pergola 1959, p. 146, nn. 200-203; Herrmann Fiore 1990, pp. 193-194, nn. 67-68; Barchiesi 2002, p. 144, n. 15) mettendo in relazione le quattro opere, tutte rappresentanti vedute romane, con il Prospetto di Villa Borghese anch’esso appartenente alla raccolta (inv. 519), eseguito da Baur con la medesima tecnica a tempera su pergamena e recante la data del 1636.
La serie compare nell’inventario Borghese del 1693 con incerta attribuzione, e poi ancora in quello del 1790 e nell’elenco fidecommissario del 1833, in questi ultimi correttamente assegnato a Baur.
Le miniature sono montate a coppie su doppie cornici decorate con motivi vegetali, Piazza del Quirinale insieme al Foro Traiano (inv. 481) e il Campidoglio (inv. 482) insieme a Piazza Colonna (inv. 489).
Per la rappresentazione di Piazza del Quirinale, Baur sceglie un punto di vista insolito rispetto a quello che caratterizza la maggior parte delle immagini dipinte o a stampa dello stesso soggetto: la piazza è ripresa da ovest così che il gruppo dei Dioscuri è osservabile sulla destra anziché sulla sinistra, come accade più frequentemente, e la veduta della residenza papale è tagliata. L’opera testimonia un momento precedente alla costruzione del settecentesco edificio della Consulta, quando è ancora visibile il palazzo appartenuto al cardinale Guido Ferrero di Vercelli. La scena è arricchita da un lungo corteo di uomini e carrozze che passa intorno ai Dioscuri, compiendo il giro della piazza, diretto verso l’ingresso del palazzo (Barchiesi 2002, p. 144). Nell’esecuzione, l’artista dimostra uno straordinario gusto per il dettaglio e una tendenza al virtuosismo di chiara derivazione nordica, aspetti apprezzabili solo ad una visione ingrandita delle miniature Borghese, ciascuna del diametro di poco meno di 10 centimetri.
Baur apprese l’arte della miniatura a Strasburgo, sua città natale, sotto la guida di Friedrich Brentel e successivamente intraprese un viaggio in Italia. Secondo le fonti (J. von Sandrart, L’Academia Todesca della Architectura, Scultura & Pittura, 1675, II, pp. 306-307; A. Houbraken, De groote schouburgh der Nederlantsche konstschilders en schilderessen, II, 1718, p. 333; N. Pio, Le vite di pittori, scultori et architetti [1724] 1977, p. 91; F. Baldinucci, Notizie de’ Professori del disegno da Cimabue in qua. Secolo V dal 1610 al 1670, 1728, p. 197), dal 1631 al 1637 soggiornò tra Roma e Napoli e lavorò per diversi importanti esponenti della nobiltà, tra cui il duca di Bracciano, il marchese Giustiniani, Marcantonio Borghese e Ferdinando Colonna. Negli ultimi anni della sua vita l’artista si trasferì a Vienna e lavorò alla corte dell’imperatore Ferdinando III d’Asburgo.
Oltre alla serie Borghese, tra le opere legate al soggiorno in Italia dell’artista vale la pena di ricordare almeno le due miniature, nel medesimo formato circolare ma di più grandi dimensioni, rappresentanti Piazza San Pietro e Piazza di Santa Maria Maggiore, forse anch’esse legate al collezionismo dei Borghese (Busiri Vici 1957, pp. 32-33; Della Pergola, cit.).
Pier Ludovico Puddu