Questo Presepe su tavola ha una storia collezionistica e attributiva incerta ed è stato oggetto di varie ipotesi. È stata avanzata una sua antica appartenenza alla collezione della duchessa di Urbino Lucrezia d’Este e successivamente, per il tramite degli Aldobrandini, un passaggio nella raccolta Borghese. Per quanto riguarda l’attribuzione, le caratteristiche stilistiche conducono verso il nome di Evangelista Dossi, detto Dossazzo, figlio di Battista e nipote del più noto Dosso.
Salvator Rosa cm. 57,5 x 43 x 5,5
Ferrara, collezione Lucrezia d’Este, 1592 (?); Roma, cardinale Pietro Adobrandini, 1598 (?); Roma, Olimpia Aldobrandini 1682 (?); Roma, Giovanni Battista Borghese, 1693 (?); Inventario, 1790, Stanza IX, n. 37; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 8, n. 5. Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto rappresenta in primo piano l’episodio della Natività, con il Bambino raffigurato al centro disteso direttamente a terra su un lenzuolo bianco. Alle spalle della Vergine, sulla destra della scena, la capanna lignea e il bue ripreso da dietro, mentre sullo sfondo, immerse in un’atmosfera cristallina, compaiono una serie di edifici turriti. Nella parte superiore del quadro, una nube bianca accoglie un gruppo di angioletti.
La diffusione del tema, nonché la consueta genericità delle descrizioni inventariali di tale soggetto, rende difficile ricostruire la storia collezionistica della tavola Borghese. Della Pergola (1955, p. 16, n. 6) ha ipotizzato una provenienza dalla raccolta di Lucrezia d’Este, nel cui inventario, datato 1592, sono elencati molti quadri di presepi variamente attribuiti ai Dossi, al Garofalo o di autore ignoto. Ereditata da Pietro Aldobrandini alla fine del Cinquecento, la collezione di dipinti della duchessa d’Urbino sarebbe poi parzialmente confluita, per il tramite di Olimpia, tra i beni Borghese. La studiosa individua l’opera in esame nell’inventario del 1790, descritta come “Piccolo Presepe” del Garofalo, assegnazione che ritorna successivamente nell’elenco fidecommissario del 1833 ed è ripresa da Piancastelli (1891, p. 130). Tuttavia, altri plausibili riferimenti inventariali sono segnalati sia nello stesso inventario del 1790 (“Madonna col Bambino e S Giuseppe” dei Dossi) sia in quello precedente del 1693 (“un quadro di due palmi in circa con il Presepio e Gloria d’Angeli del N. 3 con cornice dorata dello Scarsellino in tavola” e una tavola di stesso soggetto e incerta attribuzione), confermando l’impossibilità di arrivare ad una ricostruzione certa del percorso collezionistico della tavola (i riferimenti inventariali sono stati segnalati da Lucantoni 2002, pp. 126-127, n. 5). Se l’opera fosse realmente proveniente dalla collezione di Lucrezia d’Este sarebbe comunque più verosimile che sia pervenuta ai Borghese non come parte dell’eredità di Olimpia Aldobrandini, morta nel 1682, bensì con la successione Aldobrandini-Pamphilj posteriormente al 1760.
Gran parte della critica ha ricondotto il dipinto alla mano di Battista Luteri detto Battista Dossi, fratello del più noto Dosso (Venturi 1893, p. 127; Della Pergola cit.; Gardner 1911, p. 234; Zwanziger 1911, pp. 80-81; Longhi 1928, p. 197; De Rinaldis 1948, p. 82; Romani 1994-1995, p. 354, n. 468), in alcuni casi ipotizzandone una realizzazione sotto la guida di quest’ultimo (Mezzetti 1965, n. 159) o in collaborazione (Berenson 1936, p. 149). Negli anni Sessanta del Novecento, Gibbons (1968, n. 174) suppone si tratti di una copia da Battista e propone il nome del figlio Evangelista, detto “Dossazzo”, assegnazione ripresa da Lucantoni (cit.), che rileva caratteristiche stilistiche affini a quelle del Dossi ma una maggiore approssimazione, nonché una qualità pittorica inferiore.
Accogliendo l’ipotesi dell’attribuzione al Dossazzo, o a qualche imitatore di Battista, la cronologia dell’opera può essere ricondotta alla metà del Cinquecento.
Pier Ludovico Puddu