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Ratto di Europa

Cesari Giuseppe detto Cavalier d'Arpino

(Arpino 1568 - Roma 1640)

Il dipinto faceva parte della collezione del cardinale Scipione Borghese che, probabilmente, l’acquisì direttamente dall’autore. La scena, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, è costruita sul binomio formato dai colori complementari, l’azzurro e il giallo, ed è una delle più armoniose composizioni del Cesari. L’artista si concentra sul momento del ratto, in cui la giovane Europa viene rapita da Giove che, trasformatosi in toro, prende la via del mare allontanandosi dalla riva.


Scheda tecnica

Inventario
378
Posizione
Datazione
1603 – 1606 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 57 x 45
Cornice

‘800 (con kymation) cm 76,5 x 64,5 x 9

Provenienza

Collezione Scipione Borghese, ante 1633; Inventario ante 1633, n. 76 (Corradini 1998, p. 451); Inventario 1693, Stanza IX, n. 26; Inventario, 1790, Stanza IV, n. 18; Roma, collezione Pietro Camuccini, 1800-1817; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 20, n. 13. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1973 Roma, Palazzo Venezia
  • 1996-1997 Lecce, Fondazione Memmo
  • 2002 Firenze, Galleria degli Uffizi
  • 2005-2006 Firenze, Museo degli Argenti

Scheda

Il dipinto, di medio formato, appartenne al cardinale Scipione Borghese, il quale potrebbe averlo acquisito direttamente dall’artista (Della Pergola 1959, p. 61). Menzionato a partire dall’inventario del cardinale (già datato 1615-1630 da Corradini 1998, p. 449, oggi ritenuto dei primi anni Trenta. Si veda per esempio S. Pierguidi, “In materia totale di pitture si rivolsero al singolar Museo Borghesiano”, in “Journal of the History of Collections”, XXVI, 2014, pp. 161-170) come “Un quadro in tavola di Venere [sic] rapita da Giove in forma di toro, cornice di noce a frontespitio tocco d'oro, alto 2 1/4 largo 1 3/4, Gioseppino”, esso è presente in tutti gli inventari e guide della collezione Borghese con la corretta attribuzione al Cavalier d’Arpino (cfr. Herrmann Fiore 2005, p. 148). Alla fine del Settecento, a seguito delle vicende che portarono alla dispersione di gran parte delle raccolte romane e alla perdita di numerosi capolavori fuoriusciti dalla collezione Borghese, la tavola del Cesari fu ceduta al mercante romano Pietro Camuccini, passaggio registrato nell’inedito Stock book del mercante: “Il Ratto di Europa Originale del C. d’Arpino esisteva nella Galleria Borghese dipinto in Tavola con Cornice”. Da un’annotazione apposta successivamente si apprende che il dipinto fu ricomprato da Camillo Borghese nel secondo decennio dell’Ottocento, periodo in cui il principe tentò di reintegrare la propria raccolta colmando le lacune e i vuoti causati dalle vendite precedenti e, in questo come in altri casi, con il preciso scopo di recuperare una delle opere già facenti parte della quadreria (Puddu 2017/18, pp. 176-179, 289). La tavola è infatti ricordata in collezione nell’Itinerario di Manazzale (1817, p. 242) e viene assoggettata al vincolo fidecommissario nell’inventario del 1833.

Il soggetto dipinto dal Cavalier d’Arpino è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio e fa parte di una serie di scene mitologico-erotiche sulle quali l’artista si cimentò di frequente all’inizio del Seicento (1603-06 circa, cfr. Röttgen 2002, p. 365), scene che erano ampiamente presenti – in pittura come in scultura – nella raccolta di Scipione Borghese, grande amante del concetto di paragone tra le arti. Inoltre, come notato dalla critica, questa iconografia si prestava ad una lettura moralizzata, intesa sia come un’allusione all’anima umana rapita da Cristo (Herrmann Fiore, cit.), sia come monito per le fanciulle a non esporsi ai rischi di luoghi isolati (Tosini 1996, p. 212).

Per quanto riguarda la composizione, l’artista si discosta in parte dalla tradizione figurativa aggiungendo tra le nuvole del cielo Amore che cavalca un’aquila, attributo di Giove, intento ad osservare la scena in primo piano, dove il dio nelle sembianze di un toro sta rapendo Europa trasportandola in mare aperto. L’atipica presenza dell’aquila potrebbe suggerire un’allusione all’arme di casa Borghese e indurre ad ipotizzare che il dipinto derivi da una commissione diretta all’artista da parte del cardinale Scipione (Herrmann Fiore, cit.). Altro elemento a supporto della precedente ipotesi è l’analogia tra le figure in riva al mare, e il pathos che esse esprimono, con quelle di un rilievo marmoreo del Ratto di Europa, oggi irrintracciabile ma noto tramite un disegno del codice Topham del College di Eton. Il rilievo, inserito intorno al 1620 nella facciata nord di Villa Borghese e verosimilmente già in possesso del cardinale a partire dal primo decennio del Seicento, indubbiamente dialoga con il quadro del Cavalier d’Arpino ma, stante la difficoltà già riscontrata da Winckelmann nel qualificarlo come creazione antica oppure moderna, non è possibile precisare quale delle due opere abbia avuto influsso sull’altra (cfr. Herrmann Fiore, cit.). Quanto al paesaggio costiero dipinto dal Cesari, con erbe, onde e giochi di luce, si ravvisano influssi della pittura di Paul Bril, sulla quale l’artista ha lungamente meditato come ampiamente riscontrabile in certe sue composizioni (Röttgen, cit.).  

Pier Ludovico Puddu




Bibliografia
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p.111;
  • A. Manazzale, Itinerario di Roma, Roma 1817, p. 242.
  • E. Z. Platner, Beschreibung der Stadt Rom, Stuttgart 1830-42, III.1, p. 288.
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 363.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 184.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 215.
  • A. Venturi, Storia dell’Arte Italiana, IX.5, Roma 1932, pp. 931-932.
  • A. De Rinaldis, La Galleria Borghese in Roma (Itinerari dei Musei e Monumenti d’Italia), Roma 1939, p. 33.
  • P. Della Pergola, Itinerario della Galleria Borghese, Roma 1951, p. 36.
  • A. Pigler, Barockthemen. Eine Auswahl von Verzeichnissen zur Ikonographie des 17. und 18. Jahrhunderts, Budapest 1956, p. 80.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, pp. 61-62, n. 88.
  • H. Röttgen, in Il Cavalier D’Arpino, catalogo della mostra (Roma, Museo di Palazzo Venezia, 1973), a cura di H. Röttgen, Roma 1973, p. 112, n. 34.
  • A. Coliva (a cura di), Galleria Borghese, Roma 1994, p. 167.
  • P. Tosini, in Immagini degli Dei. Mitologia e collezionismo tra Cinquecento e Seicento catalogo della mostra (Lecce, Fondazione Memmo, 1996-1997), a cura di C. Cieri Via, Milano 1996, p. 212, n. 46.
  • S. Corradini, Un antico inventario della quadreria del Cardinal Borghese, in Bernini scultore. La nascita del barocco in Casa Borghese, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 1998), a cura di A. Coliva, S. Schütze, A. Campitelli, Roma 1998, p. 451, n. 76.
  • C. Stefani in P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 189.
  • E. Capretti, in Il mito di Europa: da fanciulla rapita a continente, catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli Uffizi, 2002-2003), progetto scientifico e cura generale C. Acidini Luchinat con la collaborazione di E. Capretti, Firenze 2002, p. 263, n. 60.
  • H. Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari D’Arpino: un grande pittore nello splendore della fama e nell’incostanza della fortuna, Roma 2002, p. 365, n. 117.
  • K. Herrmann Fiore, in Mythologica et Erotica: arte e cultura dall’antichità al XVIII secolo, catalogo della mostra (Firenze, Museo degli Argenti, 2005- 2006) a cura di O. Casazza e R. Gennaioli, Livorno 2005, pp. 148-149, n. 21.
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 126.
  • P.L. Puddu, Pietro Camuccini (1760-1833). Mercato e collezionismo di dipinti nella Roma napoleonica e della Restaurazione, tesi di dottorato, Sapienza Università di Roma, a.a. 2017/18, pp. 177, 289.