Il dipinto è derivato da un originale del Bronzino (Agnolo di Cosimo) databile al 1560, da cui furono tratte numerose copie e varianti, molte direttamente dalla bottega del maestro. Tra queste, l’opera Borghese è una delle migliori e si pensa sia stata eseguita da Alessandro Allori, primo collaboratore del Bronzino. Di provenienza ignota, la tavola è attestata con certezza nella collezione solo nel 1833, catalogata come opera di Cristofano Allori, figlio di Alessandro.
Di un dipinto del Bronzino (Agnolo di Cosimo) rappresentante il Duca Cosimo I de’ Medici all’età di quarant’anni si ha notizia sia da un inventario mediceo, in cui è citato “un ritratto dello Ill.mo Signor Duca Cosimo fatto l’anno 1560”, sia dal Vasari (Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ nostri tempi, Firenze 1568, p. 866), il quale racconta che “[Bronzino] fece il ritratto del duca, pervenuto che fu Sua Eccellenza all’età di quarant’anni”. A questo prototipo, la cui identificazione tra le numerose copie dipinte è tuttora dibattuta, è legato il quadro qui esaminato, che mostra il Duca ritratto a mezza figura e con il volto girato di tre quarti. Cosimo appare con un abito non ufficiale ma fatto di stoffe preziose, in seta e pelliccia, di cui si noti la fine resa materica, con bordature riccamente decorate in oro, e tiene in mano un semplice fazzoletto ricamato. Il taglio a mezza figura e la posizione sono identiche a quelle di un altro suo ritratto, anch’esso replicato diverse volte, che lo rappresenta circa quindici anni più giovane con indosso l’armatura e la mano destra poggiata sull’elmo (l’originale attribuito a Bronzino è ritenuto l’esemplare conservato a Firenze, Galleria degli Uffizi). A parte la barba, appena accennata nel ritratto giovanile e più lunga in quello avanzato, la differenza più vistosa tra le due immagini sta proprio nell’abbigliamento, che denota una precisa scelta rappresentativa da parte del Duca. Con la pace di Cateau-Cambrésis nel 1559 e la definitiva conquista di Siena, minacciata dalla presenza francese, Cosimo aveva infatti esteso il suo dominio a gran parte della Toscana, motivo che probabilmente lo aveva indotto a commissionare un’immagine di sé che meglio rappresentasse la nuova stabilità del suo regno.
Il Duca non aveva più l’esigenza di mostrarsi in armatura, come un condottiero pronto a difendere i suoi domini, e la sostituzione dell’elmo con un fazzoletto bianco appare significativa del cambiamento avvenuto. La produzione di un alto numero di copie di entrambi i ritratti ne conferma il carattere rappresentativo e testimonia la funzione politica di queste immagini, di cui è attestato l’uso anche come doni diplomatici (Geremicca 2010, p. 142)
La provenienza dell’opera risulta tuttora indeterminata e l’unico riferimento certo negli inventari Borghese proviene dall’elenco fidecommissario del 1833, in cui è citato un “Retratto di Cosmo de’ Medici, di Cristofaro Allori, largo palmi 2, oncie 11; alto palmi 3, oncie 9, in tavola”, corrispondente per soggetto, supporto e misure.
Per quanto riguarda il pagamento di cinque scudi corrisposto dai Borghese al falegname Giovanni Battista Serio nel 1618 per “haver fatto una cornice al Ritratto del Granduca di Toscana (alta palmi 9 e 6 ¾) di albuccio”, le dimensioni indicate, troppo grandi per questo dipinto, non ne consentono l’identificazione con quello citato nel documento. Tale ipotesi, avanzata da Paola Della Pergola (1959, p. 21) non senza perplessità, potrebbe forse attagliarsi a un altro ritratto di Cosimo I, di maggiori dimensioni, attestato nell’inventario di Scipione Borghese scoperto e pubblicato da Sandro Corradini (Un antico inventario della quadreria del Cardinal Borghese, in Bernini scultore. La nascita del barocco in Casa Borghese, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 1998), a cura di A. Coliva, S. Schütze, A. Campitelli, Roma 1998, pp. 449-456), datato 1633 circa (per la possibile datazione si veda S. Pierguidi, “In materia totale di pitture si rivolsero al singolar Museo Borghesiano”, in “Journal of the History of Collections”, XXVI, 2014, 2, pp. 161-170).
Nello stesso inventario compare inoltre un’ulteriore versione del ritratto, purtroppo priva di indicazioni utili a determinare la sua corrispondenza con uno dei numerosi esemplari noti, compreso quello in esame, ma che in ogni caso attesta la diffusione del soggetto bronzinesco nonché la presenza precoce nella collezione Borghese di almeno due ritratti derivati dall’originale.
L’attribuzione a “Cristofaro Allori” riportata nell’inventario del 1833 ha indotto parte della critica a ritenere il quadro di mano di Alessandro Allori, padre di Cristofano, o più generalmente opera della bottega di Bronzino, dal cui ambito devono essere derivate molte delle copie del ritratto (Longhi 1928, p. 186; Della Pergola, cit.; Baccheschi 1973, pp. 103-104; Langedijk 1981, pp. 86-88, 420; Simon 1982, pp. 151-158, 297; Lecchini Giovannoni 1991, p. 304; Cecchi 2012, p. 344; Id. 2020, pp. 341-342). Non è mancato chi ha ritenuto il dipinto Borghese identificabile proprio con il prototipo già descritto dal Vasari (Schulze 1911, p. XXXVI; Voss 1920, I, p. 229; Mc Comb 1928, p. 119, 127, 140; Venturi 1933, p. 73, dopo averla attribuita inizialmente alla bottega) ma questa tesi è stata nel tempo ridimensionata a favore di un seguace. La qualità dell’opera, che la rende forse la copia migliore tra quelle note, fa propendere proprio per un’assegnazione al primo collaboratore di Bronzino, Alessandro Allori, al cui stile è confacente (Lecchini Giovannoni, cit.)
La datazione dell’originale al 1560, riportata nell’inventario mediceo sopra citato, suggerisce una cronologia di poco posteriore a tale anno per l’opera Borghese.
Pier Ludovico Puddu