Questo splendido ritratto è documentato in collezione Borghese a partire dal 1790, elencato dall'estensore dell'inventario come opera di Scipione Pulzone, artista nato Gaeta e attivo a Roma nella seconda metà del XVI secolo, annoverato all'epoca tra i più raffinati ritrattisti.
Il dipinto raffigura una ricca nobildonna, elegantemente vestita, che tiene tra le mani un piccolo e prezioso libro. Purtroppo, l'assenza di qualsiasi informazione sulla sua identità, nonché sulla provenienza del quadro, rende ardua ogni ipotesi di ricerca.
Salvator Rosa (cm 94 x 75 x 6,5)
Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza IV, n. 20); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 21. Acquisto dello Stato, 1902.
Nonostante nel 1650 Iacomo Manilli citi più di sessanta ritratti, visti dallo scrittore presso il casino di Porta Pinciana, questo dipinto può essere identificato solo a partire dal 1790, inventariato in tale occasione come opera di Scipione Pulzone. L'attribuzione al pittore gaetano, scartata nel Fidecommisso Borghese a favore di una personalità anonima vicina alla scuola di Raffaello (Inv. Fid. 1833), fu ripresa da Giovanni Piancastelli (1891), seguito negli anni da gran parte della critica (Venturi 1893; Longhi 1928; Della Pergola 1955; Vaudo 1976; Herrmann Fiore 2006), ad eccezione di Federico Zeri che, nel suo volume dedicato al Pulzone (1957), non prende in considerazione questa tavola.
Il dipinto rappresenta una ricca nobildonna, sulla cui identità non si hanno tracce. La misteriosa dama indossa un elegante abito, incorniciato da una lunga collana di perle e ornato da una grossa spilla. Ad arricchire il vestito, raffinati ricami in oro e un morbido velo che, cadendo sulle spalle, avvolge delicatamente il corpo dell'effigiata, ritratta mentre stringe tra le mani un piccolo libro, forse un offiziolo. La cortina sulla sinistra, bordata da una passamaneria dorata, richiama molto da vicino le composizioni del pittore di Gaeta, cui effettivamente l'opera può essere avvicinata.
Antonio Iommelli