Il ritratto di matrona, di ignota provenienza, con indosso un elmo attico presenta profonde rughe orizzontali che solcano la fronte, occhiaie pronunciate, sopracciglia aggrottate che incorniciano gli occhi dalle iridi lievemente incise e il doppio mento, che ne enfatizzano l’età matura. La presenza dell’elmo attico, chiaro rimando a una divinità guerriera (Athena-Minerva, Virtus o Roma), si inserisce in una moda assai diffusa, in cui esponenti del ceto medio e libertino commissionavano ritratti nei panni di divinità; rara è tuttavia l’assimilazione a divinità guerriere. Pur non disponendo di informazioni circa il contesto di esposizione della scultura Borghese, è plausibile che fosse funerario, dove era comune l’uso di erigere statue commemorative che esaltassero le virtù dei defunti.
Collezione Borghese, citato nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 41, n. 9. Acquisto dello Stato, 1902.
Lo sguardo intenso e severo e il forte realismo di un volto ormai sfiorito caratterizzano questo ritratto di matrona, di ignota provenienza, con indosso elmo attico,78 inserito, nel restauro ottocentesco, su un busto moderno. Nel ritratto Borghese le caratteristiche fisiognomiche non celano l’età matura, come le profonde rughe orizzontali che solcano la fronte, le più sottili ai lati della piccola bocca, le occhiaie pronunciate, le sopracciglia aggrottate che incorniciano gli occhi dalle iridi lievemente incise e il doppio mento: si tratta di una corrente realistica che fu propria della iconografia di età traianea e che trova conferma anche in alcuni ritratti di Pompeia Plotina, moglie dell’imperatore Traiano (vd. Roma, Musei Capitolini, inv. MC 439; Guglielmi 2011, p. 398, n. 6.13), cui il nostro ritratto sembra vagamente alludere per l’andamento delle sopracciglia, la forma degli occhi e della bocca.
La presenza dell’elmo attico, chiaro rimando a una divinità guerriera (Athena-Minerva, Virtus, Roma), è comprensibile alla luce di quella moda, assai diffusa a partire dall’età flavia, in cui esponenti del ceto medio e libertino commissionavano ritratti in forma deorum, ossia nei panni di divinità (Lo Monaco 2011a). I modelli femminili prescelti, tuttavia, furono soprattutto le varie Afroditi, ma anche Spes, Fortuna, Hygieia (cfr. Lo Monaco 2011b, p. 356), Artemide e Demetra. Più rare, invece, le assimilazioni a divinità guerriere, note nelle iscrizioni per quanto concerne alcune esponenti della gens giulio-claudia e, a livello privato, come la testa di età flavia che raffigurava una donna anziana con elmo, già nella collezione Alberici di Velletri e attualmente non rintracciabile (cfr. Moreno 2004) o la testa colossale elmata al Museo Archeologico di Salonicco, in cui alcuni studiosi riconoscono un ritratto di Giulia Domna, un acrolito di Athena poi trasformato nell’Augusta in occasione della visita a Salonicco di Caracalla e di sua madre nel 211 d.C. (Despinis et alii 1997, pp. 97-98).
Non possediamo informazioni circa il contesto di esposizione della scultura Borghese, ma è plausibile che fosse funerario, dove era comune l’uso di erigere statue commemorative che esaltassero le virtù dei defunti, come avviene – a titolo di esempio –nella tomba di età traianea di Iulia Proculo, nella necropoli di Isola Sacra a Porto.
È, d’altronde, nello stesso orizzonte cronologico che possiamo inserire anche la testa Borghese.
Jessica Clementi