Citato in collezione Borghese a partire dal 1833, questo ritratto sembra appartenere a un pittore d’area toscana. La donna, non più in giovane età, è elegantemente abbigliata e indossa una collana di perle con un ricco pendaglio, probabilmente un'allusione alle sue virtù.
Salvator Rosa (cm 54,8 x 40,5 x 5,5)
Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 33). Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora sconosciuta. L'opera, infatti, è attestata in collezione Borghese a partire dal 1833, anno in cui compare nel relativo inventario fedecommissario con un'attribuzione alla scuola di Tiziano. Tale nome, accettato da Giovanni Piancastelli (1891), fu scartato sia da Adolfo Venturi (1893), il quale avvicinò il ritratto a Sofonisba Anguissola; sia da Roberto Longhi (1928), che pensò alla cerchia del pittore fiorentino Alessandro Allori.
Nel 1955, allontanandosi da quanto supposto da Longhi, Paola della Pergola pubblicò l'opera come 'Ignoto XVI secolo', mettendo al contempo un punto di domanda sull'ambito ipotizzato dal collega, trattandosi, a detta della studiosa, di un imitatore della scuola toscana del Cinquecento. Inoltre, sempre secondo Della Pergola (1955), il taglio compositivo e il soggetto di questa tela presenterebbero diverse affinità con un altro ritratto di collezione Borghese (inv. 441), variamente assegnato dalla critica a diversi pittori.
Antonio Iommelli