Il dipinto è attestato in collezione Borghese a partire dal 1833, avvicinato inizialmente a Paolo Caliari il Veronese e assegnato infine a Giovanni Mansueti, un allievo di Giovanni Bellini attivo in laguna dal 1485. Raffigura un uomo di tre quarti, a mezza figura, rappresentato contro uno sfondo scuro. Il suo volto, incorniciato da una cuffia rossa e da un largo cappello, è definito tramite un morbido chiaroscuro, reso dal pittore con grande abilità.
Cornice ottocentesca con listelli a perline su fondo nero (cm 38,6 x 33 x 5)
Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario 1833, p. 30). Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto, caratterizzato da una forte vena emotiva e psicologica, è documentato in collezione Borghese a partire dal 1833, abbinato negli elenchi fedecommissari al Ritratto di prelato (inv. 447), entrambi assegnati dall'estensore del documento a Paolo Veronese. Tale attribuzione, confermata nelle note manoscritte di Giovanni Piancastelli (1891), fu rivista da Adolfo Venturi (1893) che parlò genericamente di 'Scuola veneziana del XV secolo', pista accettata e seguita nel 1916 da Giulio Cantalamessa (Id. 1916). Lo studioso, infatti, muovendosi nel solco scavato dal collega, propose il nome di Giovanni Mansueti, artista attivo a Venezia tra il 1485 e il 1526 circa, ipotesi però scartata sia da Roberto Longhi (1928), che vi vide una qualità più alta; sia da Aldo de Rinaldis (1939), che accostò l'opera a 'un pittore di terraferma, prossimo al Marescalco'.
Con buona approssimazione, nel 1955 Paola della Pergola riesumò la proposta di Cantalamessa, riassegnando il dipinto al Mansueti, nome confermato da Bernard Berenson (1957), Fritz Heinemann (1962) e da ultimo da Kristina Herrmann Fiore (2006). Tale pista, qui condivisa, deve essere però percorsa con molta cautela risultando, infatti, il catalogo del pittore, privo di ritratti a lui riconducibili con una certa sicurezza.
Antonio Iommelli