Definito "torbida copia dal Perugino", il dipinto, già attribuito anche a Tiziano, è replica del ritratto degli Uffizi di mano del Maestro umbro, identificato a partire dall'Ottocento con quello del notaio fiorentino Alessandro Braccesi (1445-1503). L’indicazione venne poi smentita per l'inconciliabilità dei dati storici, essendo il Braccesi segretario della Signoria - e quindi ultraventenne - già dal 1474. Stilisticamente il dipinto ripete in maniera piuttosto superficiale e rigida le tipologie peruginesche.
Roma, Collezione Borghese, registrato nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 39. Acquisto dello Stato, 1902.
Copia del celebre ritratto conservato presso la Galleria degli Uffizi (inv. 1890, n. 1474, Scarpellini 1984, Garibaldi 2000, V. Garibaldi in Perugino 2004), l’opera sarebbe individuabile, secondo Paola Della Pergola (1955) nel «Retrato, maniera di Tiziano» censito nell’inventario fidecommissario del 1833.
Scartata da subito l’attribuzione al pittore cadorino, Adolfo Venturi (1893), seguito da Longhi (1928), la ritiene «una torbida copia dal Perugino», sicuramente influenzato nel giudizio dai forti contrasti chiaroscurali che la differenziano dall’originale fiorentino.
Il ritratto è ancora da ritenersi di uno sconosciuto, giovane gentiluomo: posto di tre quarti, su un fondo scuro, il ragazzo dallo sguardo malinconico indossa una berretta morbida e una casacca marrone con delle maniche posticce, secondo la moda in uso tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, e le sue sembianze erano state, in antico, avvicinate alla personalità di Alessandro Braccesi, diplomatico e umanista fiorentino (Firenze, 1445 – Roma, 1503), tesi smentita da Giovanni Morelli (1874) a causa dell’inconciliabilità delle evidenze cronologico-biografiche del letterato toscano con la produzione del Vannucci.
La stessa difficoltà nel rintracciare l’identità dell’effigiato si è posta agli studiosi nel riconoscimento della paternità dell’originale, messa in discussione dal Riccoboni (1954) che proponeva l’avvicinamento alla mano di Lorenzo Costa, immediatamente smentito da Paola Della Pergola (1955). L’esemplare in collezione Borghese continua a non avere una autorialità certa, sebbene si possa pensare di inserirlo nella produzione copistica tardo cinquecentesca.
Lara Scanu