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Sansone in catene

Carracci Annibale

(Bologna 1560 - Roma 1609)

L’opera, dipinta da Annibale Carracci intorno al 1594, è attestata in collezione Borghese a partire dalla metà del XVII secolo, riferita negli inventari antichi all’ambito della pittura veneta del Cinquecento.

Il soggetto è tratto dall’Antico Testamento (Giudici 15,11-13) e raffigura Sansone che, legato nella caverna di Etam dagli uomini di Giuda, medita la propria vendetta. Ai suoi piedi giace una mascella d’asino con cui l'eroe, assistito da Dio, ucciderà mille Filistei.


Scheda tecnica

Inventario
023
Posizione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 180 x 130
Cornice
Cornice ottocentesca con quattro palmette angolari.
Provenienza

(?) Roma, collezione Ludovisi, 1633 (Posner 1971, II, p. 34, n. 83); Inventario 1693, Stanza III, n. 14; Inventario 1700; Inventario 1790, Stanza III, n. 2. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1956 Bologna, Palazzo dell'Archiginnasio;
  • 2021 New Orleans, Museum of Art;
  • 2021-2022 Kansas City, Nelson Atkins Museum.
Conservazione e Diagnostica
  • 1913 Luigi Bartolucci, Augusto Cecconi Principi (pulitura);
  • 1936 Carlo Matteucci (pulitura, eliminazione ossidi di vernici, rimozione delle vernici sovrapposte);
  • 1947 Carlo Matteucci (pulitura e verniciatura);
  • 1954 Alvaro Esposti (pulitura, rimozione delle vecchie vernici, ripresa pittorica delle lacune, doppia verniciatura);
  • 1965 Renato Massi (restauro completo della cornice);
  • 2008 Laura Cibrario, Fabiola Jatta (restauro completo).

Scheda

Il dipinto entrò in collezione Borghese in data imprecisata, segnalato per la prima volta da Iacomo Manilli nel 1650 come opera di Sebastiano del Piombo. Poco dopo - nel 1678 - Malvasia assegnò debitamente la tela ad Annibale Carracci, diversamente dall'autore dell'inventario del 1693 che dal canto suo accostò l'opera a Tiziano Vecellio, attribuzione ripresa e sostenuta nel 1713 da Giacomo Pinarolo.

Nel 1878, Giovanni Battista Cavalcaselle confermò - con qualche riserva - il nome dell'artista cadorino, seguito da Adolfo Venturi (1893) che nella Storia dell'arte italiana (1928, III, p. 301), mise a confronto la tela col Fiume del Museo di Capodimonte, eseguita - secondo lo studioso - da Tiziano "dopo che a Roma fu colpito dalla grandiosità michelangiolesca, ed ebbe copiato il Laocoonte" (Venturi 1927, p. 276). Il primo a riprendere e a sostenere il nome suggerito da Malvasia fu Roberto Longhi (1928. p. 137) che fissò l'esecuzione del Sansone al periodo bolognese di Annibale Carracci, avanzando una datazione al 1590-1595. Lo studioso, inoltre, ritenne il dipinto: "una di quelle accademie alla veneta e, per intenderci meglio, alla tintorettesca, che credo servissero ad Annibale per studio di quei nudoni che fungono da termini in affreschi sul genere di quelli di Palazzo Sampieri", parere accolto positivamente da Aldo De Rinaldis (1939, p. 27).

Seguendo la tesi di Longhi, Donald Posner (1971, II, p. 34, n. 83) avanzò la proposta che la tela fosse una dei "Tre quadri tutta d'una grandezza con tre ignudi copiati dalla Accademia di Mano d'Agostino, e d'Anibale Caracci", segnalata a Roma, in collezione Ludovisi, nel 1633 (cfr. Garas 1967, p. 347).

Come narrato nel Libro dei Giudici (Giudici, 13-16), il quadro rappresenta l'eroe biblico dalla forza prodigiosa, ritratto mentre immobile attende nel buio della caverna l'aiuto divino che lo libererà miracolosamente dalla sua prigionia. Infatti, secondo l'episodio veterotestamentario, Sansone, fu legato con alcune corde nella caverna di Etam e trascinato con forza nella cittadina di Lechi dove, salvato da Dio, uccise una moltitudine di Filistei con una mascella d'asino trovata lungo la strada.

In questa dipinto, Annibale Carracci pone l'accento sul momento precedente l'intervento divino e la strage compiuta dall'eroe biblico, sottolineando attraverso la fisicità del corpo la straordinaria potenza intellettuale del soggetto raffigurato. La sua posa, inoltre, memore dei Prigioni michelangioleschi, fu ripresa qualche decennio dopo nell'Amor sacro e Amor profano (Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, inv. GNPS 111) da Guido Reni che, contrariamente al Sansone di Annibale Carracci, conferì al suo capriccioso e ribelle protagonista quel pizzico di frivolezza e irrazionalità.

Tenendo conto di alcune analogie con il San Rocco della Gemäldegalerie di Dresda, sir Denis Mahon ha fissato la datazione del dipinto al 1594 circa (1957, p. 282), parere accolto favorevolmente da tutta la critica.

 Antonio Iommelli




Bibliografia
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 107;
  • C.C. Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna 1678, a cura di G. P. Zanotti 1844, p. 357;
  • G. Pinaroli, L’Antichità di Roma con le cose più memorabili tanto antiche che moderne, Roma 1713, II, p. 105;
  • J.A Crowe, G.B. Cavalcaselle, Tiziano. La sua vita e i suoi tempi, Firenze 1877-1878, II, p. 469;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 40;
  • A. Venturi, Studi dal vero attraverso le raccolte artistiche d’Europa, Milano 1927, p. 276;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, pp. 137, 177;
  • A. Venturi, Storia dell’arte italiana. IX, 3, Milano 1928, p. 301;
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Pinacoteca del Museo Nazionale di Napoli, Napoli 1928, p. 331;
  • F. Sestini, Studio anatomico su un quadro di Tiziano Vecellio e rapporti con l’opera anatomica di Vesalio, La Spezia 1929, pp. 6, 17;
  • A. De Rinaldis, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1939, p. 27;
  • P. Della Pergola, Itinerario della Galleria Borghese, Roma 1951, p. 11;
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, pp. 20-21, n. 15;
  • Mostra dei Carracci, catalogo della mostra, a cura di G.C. Cavalli, Bologna 1956, p. 204;
  • D. Mahon, Afterthought on the Carracci Exhibition, “Gazette des Beaux Arts”, VI, 49, 1957, p. 282;
  • P. Della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (I), in “Arte Antica e Moderna”, XXVI, 1964, p. 225;
  • K. Garas, The Ludovisi Collection of Pictures in 1633, in "The Burlington Magazine", CIX, 1967, p. 347;
  • R. Longhi, Saggi e ricerche 1925-28. Precisioni nelle gallerie italiane. La Galleria Borghese, Firenze 1967, pp. 318-32;
  • D. Posner, Annibale Carracci. A Study in the Reform of italian Painting around 1590, II, New York 1971, p. 34;
  • K. Herrmann Fiore, Guida alla Galleria Borghese, Roma 1997, p. 32;
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 83;
  • K. Herrmann Fiore, in Art energy. L’energia nella storia dell’arte dall’antichità classica al XX secolo, a cura di C. Biasini Selvaggi, Milano 2004, p. 70;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 14.