Descritta nell’inventario del 1693 come autografo leonardesco, la tavola è stata attribuita ad un ignoto pittore di ambito lombardo, trattandosi di una copia da un originale di Bernardino Luini che attesta la fortuna di questo soggetto nella bottega dell'artista milanese. L'opera raffigura Santa Caterina d'Alessandria che mostra all'osservatore i suoi consueti attributi iconografici: la corona e il libro, simboli rispettivamente della sua regalità e della sua saggezza; e la palma e la ruota dentata che rimandano al martirio subìto per la sua fede in Cristo.
Salvator Rosa (cm 74,5 x 60 x 6)
Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza III, n. 26); Inventario 1790, Stanza IV n. 62; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 32. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora sconosciuta. L'opera, infatti, è elencata per la prima volta in collezione Borghese a partire dal 1693, descritta come 'un quadro in tela (sic) di tre palmi con una S[an]ta Caterina che tiene un libro in mano del N. 250 con cornice dorata', assegnata ambiziosamente dall'estensore del documento a Leonardo da Vinci (Inv. 1693). Tale attribuzione, rivista nel 1790 in favore del senese Francesco Vanni - nome ripreso successivamente sia negli elenchi fidecommissari (1833) che nelle schede di Giovanni Piancastelli (1891) - fu rivista da Adolfo Venturi che nel 1893 licenziò il dipinto come 'Scuola lombarda', riconoscendolo come una copia di una Santa Martire di Bernardino Luini.
Nel 1955, in occasione della pubblicazione del catalogo dei dipinti della Galleria Borghese, Paola della Pergola pubblicò la tavola come 'Seguace di Bernardino Luini', parere accolto favorevolmente dalla critica (Vezzosi 1983; Herrmann Fiore 2006). Secondo la studiosa, infatti, la tavola Borghese mostra stretti rapporti con la figura della martire affrescata da Luini nel Santuario di Saronno, segno della straordinaria fortuna riscossa dal prototipo nella bottega del maestro lombardo. Come suggerito infine da Alessandro Vezzosi (Id. 1983), la Santa Caterina Borghese deriverebbe inoltre dal dipinto con analogo soggetto conservato nella Galleria Reale di Copenaghen, vicino ad altri esemplari conservati ad Amburgo, Budapest, Firenze, Milano, Parigi e Windsor (cfr. Vezzosi 1983), nonché alla Santa Caterina d'Alessandria fra due angioletti nota in due versioni (Londra, coll. Mond; San Pietroburgo, Ermitage).
Antonio Iommelli