Il frammento di lastra è pertinente a un sarcofago di cui si conservano altre porzioni (Portico, CCXXXIII – speculare a questo – e Salone, LI). La scena raffigura due putti dai corpi infantili e paffuti intenti a reggere una ghirlanda di grappoli d’uva, melograni, mele, pigne, corimbi, bacche e frutti meno caratterizzati. Nella lunetta della ghirlanda compare un terzo putto che cavalca una pantera marina, diretta a sinistra.
Il tipo appartiene a una serie dei sarcofagi decorati con ghirlande prodotti fra I e IV sec. d.C.; il corteggio marino impiegato per ornare la lunetta è fra i temi più frequentemente diffusi nella scultura funeraria romana e riprodotto su oltre quattrocento sarcofagi e può intendersi non solo come semplice elemento decorativo ma come intenzionale rimando alla beatitudine ultraterrena.
È possibile che il frammento in esame sia fra quelli trasferiti nel 1671 insieme a statue e bassorilievi da Villa Pinciana a Palazzo Borghese in Campo Marzio al fine di decorare il giardino e, successivamente, ricollocato presso la Villa Pinciana, prima che nel 1828 Giuseppe Gozzani, Ministro di Casa Borghese incaricato dell’allestimento della nuova collezione di famiglia, ne affidasse il restauro ad Antonio D’Este.
Collezione Borghese (ante 1671)?; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 53, n. 174. Acquisto dello Stato, 1902.
Il frammento di lastra, inserita in una cornice moderna, comprende due putti dai corpi infantili e paffuti e volti morbidi incorniciati da riccioli ondulati intenti a reggere una ghirlanda. La gamba interna degli Eroti è posta quasi di profilo, l’altra è scostata e lievemente flessa; il braccio esterno è alzato per reggere il voluminoso encarpo, strutturato simmetricamente e pendente alle estremità da due polsini, dove una foglia di vite copre una teoria di grappoli d’uva, melograni, mele, pigne, corimbi, bacche e frutti meno caratterizzati. Nella lunetta della ghirlanda compare un terzo Erote che cavalca una pantera marina, diretta a sinistra. Gli Eroti, spesso raffigurati nella forma di fanciulli alati, sono un motivo costante dell’arte ellenistica, ma appaiono spesso anche nell’arte romana in forma appunto di Erotes, Cupido o di Amorini, come in questo caso.
La scena raffigurata è solo parte di un più ampio fregio pertinente a un sarcofago, di cui si conservano altre porzioni (Portico, CCXXXIII; Salone, LI), ricomposto nel disegno di insieme di Ernst Eichler (Rumpf 1939, p. 4, fig. 9).
È possibile che il frammento in esame sia fra quelli trasferiti nel 1671 insieme a statue e bassorilievi da Villa Pinciana a Palazzo Borghese in Campo Marzio al fine di decorare il giardino; nelle incisioni della Fontana del Giardino di Palazzo di città della famiglia eseguite dal Venturini nella seconda metà del XVII sec. sono, infatti, presenti ben cinque rilievi con putti ghirlandofori e personaggi del corteggio marino simili a quello in esame (Falda 1691, tavv. 11-12). In un momento successivo, tuttavia, i rilievi tornarono presso la Villa Pinciana e nel 1828 Giuseppe Gozzani, Ministro di Casa Borghese incaricato dell’allestimento della nuova collezione di famiglia, assegnò una coppia di lastre con Eroti e festoni – forse una di quelle in esame – ad Antonio D’Este per le operazioni di restauro (Moreno, Sforzini 1987, p. 360), prima dell’esposizione in sala VIII, dove il frammento rimase fino alla definitiva collocazione nel portico.
Il tipo appartiene a una lunga serie di sarcofagi decorati con ghirlande, che si distinguono per la presenza del motivo a festoni a rilievo, i cui primi esemplari possono risalire ancora all’epoca giulio-claudia (vd. sarcofago Caffarelli, Brandeburg 1978, pp. 305ss), ma è solo dalla tarda età traianea-prima età adrianea che si avvia una produzione intensa e a carattere continuato, sulla quale influiscono anche gli altari a ghirlande (da ultimo Herdejürgen 1996). Nello specifico, nell’ambito della produzione artistica romana, il tema iconografico in esame ricorre su una serie di sarcofagi a committenza urbana con Eroti ghirlandofori che utilizza, come riempitivo degli encarpi, motivi marini.
Esempi di Eroti ghirlandofori sono noti a Roma su urne cinerarie a partire dall’età claudia, come l’esemplare da via Latina oggi al Louvre (Sinn 1987, p. 107 n. 64 tav. 20c-d), sebbene siano l’età adrianea e soprattutto quella antonina a vedere il massimo sviluppo e diffusione di tale repertorio (sul putto ghirlandoforo, Stuveras 1969, pp. 71-74). Tra i motivi impiegati per ornare le lunette sono frequentemente attestate piccole scene figurate a tema dionisiaco, episodi mitologici, singoli oggetti o, come in questo caso, figure del thiasos marino.Il motivo degli Eroti che cavalcano mostri marini è confrontabile anche con sarcofagi non a ghirlande, come quello di Peleo e Teti a Villa Albani, di età adrianea (Rumpf 1939, p. 4, nn. 10-16; Sichtermann 1970, p. 232, n. 8, fig. 27; 236, n. 12, figg. 32-33; Koch, Sichtermann 1982, pp. 195 ss).
L’iconografia del thiasos marino, uno dei temi più frequentemente diffusi nella scultura funeraria romana e riprodotto su oltre quattrocento sarcofagi, è da intendersi non solo come semplice elemento decorativo ma come intenzionale rimando alla condizione idillica ultraterrena (Parodo 2018).
Dal punto di vista tecnico e stilistico, il fregio del sarcofago Borghese è caratterizzato da un rilievo poco aggettante dal fondo, con uso sporadico del trapano nella resa della capigliatura e iridi e pupille non indicate che suggeriscono una datazione all’età adrianea o prima età antonina.
Jessica Clementi