Figura maschile, nuda, seduta su una roccia. L’iconografia consente di identificare la statua con Apollo. Sul lato sinistro della scultura si conserva, seppure parzialmente, la base della cetra, strumento di consueto associato all’immagine apollinea. All’estremità inferiore, a sinistra, compare anche il corpo di un serpente, avvolto a spirale. Il dio veste una clamide (mantello), che copre le spalle e parte del petto, ricade sul fianco destro coprendo la roccia e formando un ampio risvolto sulla coscia. La scultura è un’opera di età romana, ma riprende un modello tardo-ellenistico.
Collezione Borghese, rinvenuto negli scavi di Vigna Lucidi (1826?); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 42, n. 12. Acquisto dello Stato, 1902.
Secondo le indicazioni di Antonio Nibby questa statua di Apollo, seduto su una roccia, è stata rinvenuta nel corso degli scavi condotti presso Vigna Lucidi nel 1826 (Nibby 1841, p. 910). Si tratta di una proprietà della famiglia Borghese in località Santa Croce, tra i centri di Monte Porzio e Frascati, concessa in enfiteusi a Cesare Lucidi. La notizia del rinvenimento ricorre nelle Indicazioni del 1840 e del 1854, per poi essere ripresa anche dal Venturi nel 1893 (Venturi 1893, p. 9). Tuttavia, sulla data esatta del rinvenimento resta un margine di incertezza, poiché l’unica informazione disponibile risulta essere la licenza di scavo a favore del Lucidi, datata però al 12 gennaio 1820 (Moreno, Sforzini 1987, pp. 347-348). Non è certo, dunque, se la scoperta fosse avvenuta proprio nel 1820 assieme ad altre sculture – in particolare a due torsi colossali e a una statua di imperatore seduto anch’essi in collezione Borghese e allestiti nel Salone – o, come afferma Nibby, nel 1826 forse a seguito di ulteriori esplorazioni non meglio documentate.
La statua è ora priva della testa, delle braccia e delle gambe, in antico evidentemente lavorate a parte e inserite sul resto del corpo con l’ausilio di perni, dei quali sono visibili gli incassi. Il busto appare tratto all’indietro e mostra una leggera torsione a sinistra.
Nell’iconografia originaria, dunque, il fianco sinistro della figura era adagiato sulla cetra, della quale si conserva parte della base sulla roccia. Il braccio destro, probabilmente, era piegato e la mano doveva poggiare sulla coscia.
Il dio ha indosso la sola clamide, un ampio mantello fermato sulle spalle. Piccole pieghe ondulate coprono il petto e il resto del tessuto appena panneggiato ricade lungo il fianco destro, ricoprendo la superficie della roccia e formando un ampio risvolto sulla coscia. All’estremità inferiore sinistra, lungo la base rocciosa compare un serpente, con parte del corpo avvolta in una spirale. Si tratta, molto probabilmente, di un rimando al Pitone di Delfi, nel mito greco ucciso dalle frecce del dio e destinatario di giochi funebri istituiti in suo onore.
Le forme giovanili del corpo e la posizione avvicinano la scultura Borghese all’Apollo seduto del Museo Barracco, col quale condivide la torsione e il movimento del busto, oltre alla plausibile postura del braccio sinistro rivolto verso il basso. Al contrario dell’esemplare Borghese, che presenta un ampio risvolto del mantello adagiato sulla coscia destra, il panneggio nell’Apollo del Barracco copre entrambe le cosce e lascia scoperto il collo. Anche la disposizione delle gambe mostra una lieve divergenza: nel caso del Barracco, infatti, la gamba sinistra doveva essere più bassa. Questo aspetto iconografico, associato allo stile, ha lasciato pensare alla dipendenza del modello dall’Apollo seduto del frontone orientale del Partenone (Berger 1958, pp. 49-52, tav. 10-11).
La presenza del serpente accomuna la scultura Borghese all’Apollo di Delo, assiso però in trono e col braccio destro posto sul capo. Analoghe, tuttavia, sono l’impostazione della figura e il movimento del busto nello spazio (Marcadé 1969, pp. 184-186, tav. XXX). Un altro possibile confronto si stabilisce con l’Apollo di Cirene (Paribeni 1959, n. 34, tav. 39), che sebbene più accurato nella resa della muscolatura, restituisce un valido modello tardo-ellenistico per l’esemplare Borghese, caratterizzato dall’inclinazione laterale delle gambe.
Come già evidenziato negli studi di Von Steuben (in Helbig, Speier 1966, pp. 699-700), rispetto al prototipo ellenistico l’Apollo seduto della collezione Borghese mostra una maggiore libertà stilistica e compositiva, manifesta non solo nell’aggiunta del mantello panneggiato, ma anche nella morbidezza dell’incarnato e nella resa delle pieghe sul ventre.
Questi elementi sottolineano ulteriormente l’affinità della scultura Borghese con l’esemplare del Museo Barracco. In entrambi, infatti, citazioni lisippee nell’impostazione spaziale si fondono a richiami prassitelici nel trattamento del nudo, confermando la derivazione da un medesimo originale, rielaborato nel caso dell’Apollo Borghese in età imperiale romana. L’opera è variamente attribuita a una officina di epoca neroniana o flavia (Moreno, Viacava 2003, p. 65).
Il Fidecommesso Borghese del 1833 annota la collocazione già nel portico e l’allestimento su un cippo (p. 42, n. 12; cfr. Indicazione 1840, p. 7; Venturi 1893, p. 9).
Clara di Fazio