La piccola statuetta è pertinente a un gruppo di bronzetti di soggetto differente custoditi nel deposito della Palazzina Borghese e di cui non vi è menzione negli inventari e nella bibliografia della collezione archeologica. In un intervento settecentesco a opera dell’orafo Luigi Valadier il bronzetto viene integrato e applicato su una lunga cornice dorata come elemento decorativo alternato ad altre tre figurine simili e tre quadretti dipinti.
Il bronzetto patinato raffigura il tipo dell’Ercole in assalto particolarmente diffuso nella produzione bronzistica di età arcaica dell’area italica. La figura manca, rispetto all’iconografia nota, della clava, trattenuta in origine nella mano destra sollevata. Sul braccio sinistro è adagiata la leontè, la pelle del leone nemeo ucciso dall’eroe, resa da un frammento rettangolare stilizzato.
L’opera è da ritenere probabilmente un bronzetto votivo miniaturizzato prodotto tra il V e il IV secolo a.C. nell’area sabellica, tra il Lazio e l’Abruzzo.
Collezione Borghese, documentato nel 1773. Acquisto dello Stato, 1902.
La statuetta rappresenta Eracle stante, con il peso scaricato sulla gamba destra dritta mentre la gamba sinistra, leggermente flessa, è aperta ad angolo verso l’esterno. Il braccio destro è sollevato lateralmente con l’avambraccio piegato verso l’interno e la mano, chiusa a pugno, doveva brandire una clava. Sul braccio sinistro, piegato in avanti, si conserva una estremità della leontè, la pelle del leone nemeo ucciso da Ercole, che ricade con una sorta di svolazzo di forma rettangolare dall’avambraccio della figura. La mano è priva del pollice. Il pube è decisamente evidenziato e i pettorali sono ben marcati da un solco trasversale e uno verticale nel petto. La testa, sollevata, è sferica con tratti somatici poco caratterizzati e consumati, gli occhi globosi hanno un contorno inciso. La capigliatura è a calotta con capelli disposti in una serie continua di coste striate parallele.
La scultura riproduce il tipo iconografico dell’Ercole in assalto ben diffuso in ambito italico. Il Balty riferisce il bronzetto Borghese alla produzione popolare sabellica e lo ritiene simile ad uno analogo conservato a Fécamp (1961, pp. 22, n. 5, fig. 8; per il confronto: p. 20, n. 2). Il Colonna, che opera uno studio sulla bronzistica italica di età arcaica, riconosce diversi nuclei associativi in base a una lettura stilistica dei pezzi. Sull’osservazione della solida articolazione plastica della figura e la forma degli occhi arrotondati e sporgenti, l’autore attribuisce la scultura Borghese alla serie dei “bronzi votivi umbro-sabellici”, in particolare al maestro C del Gruppo “Sulmona” incentrato nell’area abruzzese con esportazioni in Umbria (1970, p. 166, n. 521, tav. CXXVIII). L’iconografia dell’Ercole in assalto, ampiamente attestata secondo uno schema costante, con rare varianti, sembrerebbe essersi creata intorno al V secolo a.C., mediata probabilmente da modelli magnogreci. La Woodford e il Cassola suppongono che i bronzetti raffiguranti Ercole combattente riproducano l'Herakles Alexikakos, una statua bronzea nota solo da cenni letterari e attribuita allo scultore argivo Hageladas, operante tra il VI e il V secolo a.C. (1976, pp.291-294; 1978, p. 42).
La statuetta, attualmente conservata nei depositi della Palazzina Borghese, è relativa a una serie di bronzetti miniaturistici di soggetto eterogeneo dei quali non risulta menzione negli Inventari e nella bibliografia riguardante la collezione archeologica. Una esaustiva disamina della Minozzi svolta nel 2019 ricorda una nota di pagamento, datata al 1773 e rinvenuta da Gonzàlez-Palacios, circa i restauri dell’orafo Luigi Valadier su vari bronzetti definiti “alcune figurine accomodate”, nei quali l’autrice individua il gruppo in esame (1993, pp. 37, 50). Lo studio del documento che descrive l’integrazione di parti mancanti e l’applicazione delle figurine su tavolette lignee dorate di diversa forma ha indotto l’autrice ad assegnare allo stesso Valadier la realizzazione di tali cornici (2019, pp. 192-195). L’Ercole in assalto è collocato, insieme ad altri tre bronzetti (invv. CCLXXXIV, CCLXXXV, CCLXXXVI), come elemento di separazione di piccoli dipinti su una lunga cornice. Le analisi EDXRF eseguite sulla figura in occasione della mostra “Valadier. Splendore nella Roma del Settecento”, svoltasi nel 2019 presso la Galleria Borghese, ne hanno confermato l’originalità e indicato una composizione di bronzo ternario rivestito di una patina dipinta. Sulla base di tali osservazioni sembra verisimile suggerire per l’opera un inquadramento cronologico tra il V e il IV secolo a.C.
Giulia Ciccarello