La scultura è ricordata nel giardino della Villa borghese, nel II Recinto, nel 1700. Restaurata nel 1828 da Massimiliano Laboureur, è collocata nel 1833 nella II sala, detta “degli Ercoli”.
Ritrae un Ercole fanciullo in lotta, munito della caratteristica clava, che brandisce con la mano destra alzata, e della leontè, la pelle del leone nemeo ucciso dall’eroe, che adorna diagonalmente il petto. La figura è stante, con le gambe divaricate, delle quali quella destra leggermente flessa in avanti.
L’opera, inquadrabile nella metà del II secolo d.C., doveva probabilmente decorare una deposizione infantile secondo l’uso, diffuso, di una eroizzazione del piccolo defunto.
Collezione Borghese, ricordata per la prima volta nel 1700 dal Montelatici nel II Recinto nel Boschetto a sud della Piazza, dinnanzi al Palazzo (p. 43). All’interno della Palazzina è menzionata nel 1833 nella II sala nell’Inventario Fidecommissario Borghese (C., p. 46, n. 81). Acquisto dello Stato, 1902.
La scultura è ricordata dal Montelatici nel 1700 nel II Recinto della Villa, nel Boschetto a sud della Piazza dinnanzi al Palazzo: “Hercole bambino, con clava in mano nell’atto di vibrar’ il colpo” (p. 43). Nel 1828 compare, insieme ad altre due, come “Tre Ercoletti di egual grandezza” nelle indicazioni della Quarta Nota, inviata dal Ministro Giuseppe Gozzani al principe Camillo Borghese, tra le opere affidate per i restauri a Massimiliano Laboureur (Moreno, Sforzini 1987, p. 361). Nel 1833 è menzionata nella II camera detta “Degli Ercoli”: “Statua di Ercole fanciullo vestito di pelle leonina” (Inventario Fidecommissario Borghese, C., p. 46, n. 81); collocazione confermata dal Nibby nel 1841 (pp. 915-916, n. 7).
Il fanciullo è raffigurato stante, con la gamba destra piegata in avanti e la sinistra leggermente scartata di lato. Il braccio sinistro è sollevato teso verso sinistra e il capo volto nella stessa direzione; quello destro è flesso all’avambraccio e nella mano sorregge una piccola clava. La figura è nuda a eccezione della leontè, la pelle del leone nemeo ucciso dall’eroe, adagiata diagonalmente sul petto, sul quale si intravede il muso dell’animale. Posta sulla spalla sinistra, la pelle ricade anteriormente e posteriormente sul corpo, dall’aspetto florido. Sul capo i capelli sono organizzati in lunghe ciocche lisce e compatte, scriminate sulla sommità della fronte alla quale forniscono una forma triangolare. Le orecchie sono lasciate libere dalla massa compatta della capigliatura che le circonda. Il volto, dalla forma ovale piena, ha lineamenti paffuti con arcate sopraccigliari che si legano alla radice del naso, piccole labbra dischiuse e mento pronunciato. Gli occhi hanno orbite lisce e palpebre pesanti.
L’opera riproduce l’iconografia nota dell’Ercole fanciullo in lotta che brandisce la clava. Si tratta probabilmente, come già ipotizzato dalla Calza, di un’opera di destinazione funeraria (1957, p. 12, n. 97). Il motivo si ritrova impiegato nella decorazione delle deposizioni infantili nelle quali il piccolo defunto si identifica, eroizzato, con la figura di Ercole. La Collignon, esaminando la variante più diffusa nella quale l’infante è ritratto dormiente, osserva come il motivo finisca per rappresentare un’allegoria funeraria: da una parte il sonno eterno e dall’altra l’auspicio di un’esistenza felice dopo la morte, in assonanza con la figura dell’eroe divinizzato da Zeus alla fine della vita (Collignon 1911, pp. 342-345).
In base alle osservazioni stilistiche la scultura sembra potersi inquadrare cronologicamente nella metà del II secolo d.C.
Giulia Ciccarello