La scultura, che conserva di antico il torso e le gambe fino al ginocchio, raffigura l’Ercole del tipo Copenaghen-Dresda, caratterizzato dalla mano destra sull’anca e la sinistra stesa lungo la clava. La figura è sorretta dalla gamba destra, mentre la sinistra è indietreggiata di lato. Il tipo iconografico si può riferire a un modello statuario inquadrabile nel IV secolo a.C., rielaborato in età imperiale.
Nella Collezione Borghese, l’opera è interessata da diversi spostamenti: inizialmente a ornamento del Giardino del Lago, in seguito posta nel Casino dei Giochi, è trasferita nel 1826 all’interno della Palazzina nella Sala II. Attualmente è esposta nel Portico, dove compare dal 1987.
Collezione Borghese, collocata nel Giardino del Lago, successivamente nel Casino dei Giochi, è trasferita nel 1826 all’interno della Palazzina (Moreno, Sforzini 1987, p. 350) Il Nibby, nel 1832, la ricorda nella Sala II e il Venturi, nel 1893, nella III (p. 66; p. 31). Nel 1980 è collocata nuovamente nel Giardino e nel 1987 definitivamente nel Portico (Moreno 1980, p. 23; (Moreno, Sforzini, 1987, p. 350). Inventario Fidecommissario Borghese, C., p. 46, n. 78. Acquisto dello Stato, 1902.
La scultura, posta nel Giardino del Lago, viene trasferita nel Casino dei Giochi prima del 1826. In tale data compare, infatti, tra le opere scelte per essere restaurate e collocate nelle sale, come indicato nel regesto delle Statue ed Oggetti di Scultura esistenti a Villa Borghese: “Un Ercole levato dal Lago ed esistente nell’andito del Casino dei Giochi”. Una lettera dello stesso anno, redatta dal Ministro Evasio Gozzani, quantifica la spesa del restauro: “Un Ercole di marmo Greco duro di palmi 7 ¾ compresa la Pianta […] (scudi) 60” (Archivio Apostolico Vaticano, Archivio Borghese, B. 348, fasc. 33: Moreno, Sforzini 1987, pp. 350-353). All’interno della Palazzina, il Nibby nel 1832 la ricorda nella II camera, assieme ad altre due di soggetto analogo, all’interno delle tre nicchie principali e le ritiene tutt’e tre di lavoro mediocre. La sala, chiamata inizialmente del Sole per la presenza del colosso radiato, viene successivamente nominata dell’Ercole su suggerimento del Nibby, il quale nota che “la molteplicità de’ monumenti che oggi racchiude si riferisce ad Ercole” (p. 66). Il Venturi nel 1893 la menziona nella sala III, definendola del tipo farnesiano. L’autore indica di antico solo il torso mentre ritiene il resto un rifacimento cinquecentesco eseguito probabilmente da un “seguace di Michelangelo” (p. 31). Il Moreno nel 1980 la pone nel Giardino, sul lato sinistro della Palazzina Borghese, e la indica derivante da un originale del IV secolo a.C., attribuito alla fase iniziale della produzione lisippea (p. 23). La scultura, infine, si trova nel 1987 spostata nel Portico (Moreno, Sforzini, 1987, p. 350).
L’immagine raffigura l’Ercole del tipo denominato Copenaghen-Dresda dalla statua conservata alla Ny Carlsberg Glyptotek e da una seconda acefala all’Albertinum, riferibile a una creazione del IV secolo a.C. della quale l’opera Borghese è da considerare una replica del II secolo d.C.
La figura, che conserva di antico il tronco e le gambe fino al ginocchio, è sorretta dalla gamba destra dritta, con la sinistra flessa e arretrata. Il busto, inclinato, è sostenuto dalla clava inserita sotto l’ascella sinistra, con il braccio steso lungo di essa. La clava, poggiata su un rialzo del suolo, è coperta parzialmente dalla leontè con il muso dell’animale che si offre a una visione frontale. La mano destra è posta sul fianco. Il capo, volto verso sinistra, è ricoperto da una fitta capigliatura di profondi ricci che proseguono in maniera analoga nella barba.
L’Arndt nel 1893 la pone a confronto con una analoga conservata al Museo Torlonia e ritiene derivate entrambe da un archetipo di IV secolo a.C., legato allo scultore Scopas (pp. 17-18, n. 132). Lo Schuckhhardt, di diverso avviso, riferisce la scultura Borghese all’attività giovanile del bronzista Lisippo, intorno al 365 a.C., in base all’osservazione del particolare slancio della figura (1954, pp. 222-223). Il Moreno, infine, lega la ponderazione chiastica del corpo con il peso sorretto dalla gamba destra e dal braccio sinistro, e la gamba sinistra a riposo piegata indietro, a un modello policleteo in bronzo datato al 360 a.C. (2003, pp. 89-90, n. 45).
Giulia Ciccarello