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Statua di Narciso, frammento

Arte romana


Il busto raffigura Narciso, il giovane punito dalla dea Nemesi con un folle amore per se stesso, di cui racconta Ovidio nelle Metamorfosi. Il fanciullo è nudo e reclina dolcemente la testa verso la spalla sinistra sollevata.

La scultura, inquadrabile nel II secolo d.C., è da considerare una delle numerose repliche note di un originale attribuito allo scultore Policleto attivo nel V secolo a.C.


Scheda tecnica

Inventario
XXIII
Posizione
Datazione
II secolo d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo bianco
Misure
altezza cm 77; altezza dell’antico cm 37
Provenienza

Collezione Borghese, citato per la prima volta dal Nibby nel Portico (1832, p. 25). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 41, n. 3. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • XIX secolo Interventi in marmo sul petto
  • 1990-91 I.C.R.
  • 2008 Consorzio Capitolino di Elisabetta Zatti ed Elisabetta Caracciolo
  • 2022 Nobili - Fabrica - Antonelli (imprese associate)

Scheda

 “Ma costui sono io! l'ho capito, l'immagine mia non m'inganna più!

Per me stesso brucio d'amore, accendo e subisco la fiamma!

Che fare? Essere implorato o implorare? E poi cosa implorare?             

Ciò che desidero è in me: un tesoro che mi rende miserabile.

Oh potessi staccarmi dal mio corpo!”

(Ovidio, Metamorfosi, III, versi 463-467)

La scultura è ricordata dal Nibby nel Portico, nel 1832, posta sopra una colonna di granito come una “mezza figura incognita” (p. 25). Il Venturi, nel 1893, la nomina invece come un “Efebo nudo” (p. 11).

Il frammento, adattato a guisa di busto, raffigura un giovane nudo con la spalla sinistra sollevata e il capo reclinato verso essa. I tratti fisionomici sono quelli di un fanciullo con occhi allungati e palpebre rilassate. Sul capo i capelli sono trattati in corte ciocche mosse che incorniciano la fronte.

L’atteggiamento di languido abbandono ha portato a ritenere si tratti della raffigurazione di Narciso, il giovane punito dalla dea Nemesi che lo fece innamorare della propria immagine riflessa in una fonte, come è narrato da Ovidio nelle Metamorfosi (III, versi 413-467).

Il soggetto statuario, che si conserva in più di quaranta repliche, può essere ricondotto a un archetipo attribuito allo scultore Policleto, attivo nel V secolo a.C.

La scultura, come già osservato dal Lauter (1966 pp. 109-110), è da considerarsi pertinente al II secolo d.C.

Giulia Ciccarello




Bibliografia
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 25, n. 13.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 11.
  • A. Furtwaengler, Meisterwerke der griechischen Plastik: Kunstgeschichtliche Untersuchungen, Leipzig 1893, p. 467, nota 4.
  • Photographische Einzelaufnahmen antiker Sculpturen, X, 1 Munchen 1926, p. 2, n. 2709 (G. Lippold).
  • K. Blümel, Katalog der Sammlungen antiker Skulpturen, Staatliche Museen zu Berlin, 1931, pp. 42-44, n. 157.
  • R. Bianchi Bandinelli, Policleto, in “Quaderni per lo studio dell’Archeologia”, I, Firenze 1938 p. 21, tav. XV, 84.
  • G. Lippold, Die Griechische Plastik, in “Handbuch der Archäologie“, VI. III. 1, Munich 1950, p. 165, nota 8.
  • R. Calza, Catalogo del Gabinetto fotografico Nazionale, Galleria Borghese, Collezione degli oggetti antichi, Roma 1957, p. 7, n. 9.
  • H. Lauter, Zur Chronologie römischer Kopien nach Originalen des v. Jahrh, Bonn 1966, pp. 109-110, 170, note 485-486.
  • P. Moreno, Museo e Galleria Borghese, La collezione archeologica, Roma 1980, p. 8, fig. 3.
  • P. Moreno, S. Staccioli, Le collezioni della Galleria Borghese, Milano 1981, p. 100.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, p. 94, n. 52.
  • Scheda di catalogo 12/01008279, P. Moreno 1976; aggiornamento G. Ciccarello 2020.