Il gruppo scultoreo raffigura un Pan in posizione frontale, affiancato, ai piedi, da un uccello sul lato destro e da un capro su quello sinistro. Il dio è ritratto nell’atto di suonare la siringa, uno strumento a fiato costituito da canne, sorretta con la mano destra. Il braccio sinistro, fasciato da una pelle di capra, trattiene un pedum, il bastone curvo legato alla vita pastorale. La figura di Pan presenta aspetti ferini ben marcati con corna sul capo, orecchie di forma appuntita e piedi caprini. Nel volto, molto restaurato, l’espressione satiresca è sottolineata dalla bocca dischiusa, occhi molto allungati e naso aguzzo.
Originariamente posta presso iI I Recinto della Villa, nel viale delle Fontane, dove la ricordano Iacomo Manilli nel 1650 e Domenico Montelatici nel 1700, la scultura si ritrova in un’incisione del Venturini del XVII secolo come decorazione della Fontana tonda. È infine citata, nel 1840, nella sua attuale collocazione, il Portico.
Si tratta, in base alle caratteristiche stilistiche e al confronto con sculture pertinenti note, di una copia romana, inquadrabile nel II secolo d.C., di ispirazione ellenistica.
Il gruppo scultoreo viene ricordato da Iacomo Manilli nel 1650 e da Domenico Montelatici nel 1700, presso iI I Recinto della Villa, nel viale delle Fontane. È citato, dal primo, come “Fauno” e dal secondo “Satiro, ò vero Pane Dio de Pastori con la zampogna in mano, e con un caprone, e una cornacchia à piedi” (Manilli 1650, p. 11; Montelatici 1700, p. 22). In un’incisione del Venturini del XVII secolo la scultura è posta ad ornamento della Fontana tonda (Falda 1691 ca., tav. 15). Nel 1832 viene menzionata da Antonio Nibby come “satiro di mediocre lavoro, tra un aquila e un ariete” (Nibby 1832, p. 130, n. 7) e infine nel Portico, attuale collocazione, nella Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese del 1840 (p. 24, n. 10).
Il gruppo si compone di una figura di Pan, stante, raffigurato nell’atto di portare alle labbra una siringa, sorretta con la mano destra, mentre il braccio sinistro, disteso lungo il corpo e avvolto in una pelle ferina, trattiene un pedum, bastone ricurvo caratteristico dei pastori. Ai piedi della figura sono due animali: sulla destra un grosso uccello, sulla sinistra un capro, rivolto col capo verso la divinità. La figura di Pan è rappresentata con caratteristiche ferine molto evidenti, il volto, fortemente rilavorato, ha naso aguzzo di fisionomia caprina, occhi allungati, bocca dischiusa in un ghigno e orecchie di forma appuntita. I capelli, come la barba e i baffi, sono resi da corti riccioli scomposti, tra i quali spuntano delle piccole corna. La torsione del capo, verso sinistra, è accompagnata da quella, lieve, del busto sottolineata dalla muscolatura ben marcata delle braccia e del petto. Le cosce sono coperte da disordinate ciocche ritorte di peli folti che arrivano fin sotto le ginocchia, dalle quali partono le zampe caratterizzate dagli zoccoli.
La scultura si può ritenere una copia romana, inquadrabile nel II secolo d.C., di ispirazione ellenistica. Il modello iconografico del Pan in piedi nell’atto di suonare una siringa, connotazione tipica del dio, si ritrova in due statuette conservate presso il Museo Archeologico di Heraklion (Marquardt 1995, pp. 97-98, pl. 14.1) e in una del museo di Cirene, nelle quali il dio è affiancato da un capro (Paribeni 1959, p. 122, n. 349, tav. 159). Ovidio riporta il mito eziologico dell’invenzione dello strumento che spiega il suo stretto legame con la divinità: quando Pan si vede sfuggire dalle mani la ninfa Siringa, trasformata dalle compagne in canne fluviali, incantato dal loro dolce mormorio, proferisce queste parole: “Questo colloquio avrò sempre io con te”. E costruitosi uno strumento con canne tagliate di diversa lunghezza e saldate insieme, dà ad esso il nome della ninfa (Ovidio, Metamorfosi, I, 682-712).
Giulia Ciccarello