La statua, fortemente integrata, raffigura una creatura semiferina intenta a danzare con i cimbali. La torsione del torso permette di riconoscere un Satiro o un altro membro del corteggio dionisiaco in stato di delirante ebbrezza, impegnato in una danza orgiastica. Tale tema ispirò in epoca ellenistica varie creazioni scultoree, che pur presentando aspetti comuni si differenziano notevolmente fra loro. L’esemplare Borghese mostra grandi affinità con il bronzetto di Fauno danzante rinvenuto nella cd. Casa del Fauno di Pompei, opera di età imperiale; il modello di tale tradizione iconografica è riconosciuto nel Satiro danzante di Toinia di Sicione, opera bronzea nata nella tradizione lisippea e dedicata a Pergamo intorno al 200 a.C.
La scultura può forse coincidere con il Fauno danzante ricordato da Domenico Montelatici nel II Recinto. Dapprima collocata nella Camera VI (attuale sala VIII) in occasione dell’allestimento della nuova collezione, dal 1833 è esposta nel Salone.
La scultura può forse coincidere con il “Fauno con due cimbali nelle mani in atto di ballare” ricordato da Domenico Montelatici nel II Recinto, insieme alle statue che ornavano la piazza della Prospettiva nel Settecento, sebbene non si possa escludere che tale statua corrisponda piuttosto a quella con simile iconografia proveniente dal Casino pinciano e ricollocata nel 1832 nella villa di Bell’Aspetto a Nettuno (Moreno, Viacava 2003, pp. 129-131, n. 94), fatta costruire nel 1660 dal Cardinale Costaguti e, dopo vari passaggi di proprietà, acquisita nel 1832 dal Principe Camillo Borghese. Nella guida alla collezione Borghese del 1832 Antonio Nibby ricorda la scultura nella Camera VI (attuale sala VIII), mentre l’anno successivo l’inventario fidecommissario ne documenta la collocazione nel Salone, dove attualmente è esposta.
Dell’originaria figura di Satiro si conserva soltanto il torso e l’attacco della coda, mentre gli arti inferiori fino a metà cosce, la coda, gli arti superiori, il collo e la testa – insieme al plinto e al tronco – sono frutto del restauro integrativo, che ha restituito una figura ferina intenta a danzare con i cimbali.
Il tema del Satiro danzante ispirò in epoca ellenistica varie creazioni scultoree, che pur presentando aspetti comuni, si differenziano notevolmente fra loro, interpretando in maniera diversa il medesimo soggetto. Il nostro esemplare, dapprima associato al Satiro del celeberrimo gruppo de “l’Invito alla danza” (da ultimo Tuccinardi 2020), è tuttavia caratterizzato da uno slancio verso l’alto del torso antico, in rotazione, con conseguente tensione della muscolatura del ventre, in linea dunque con figure di Satiri o di altri membri del thiasos dionisiaco che, in uno stato di delirante ebbrezza, sono effigiati in una danza orgiastica. La ponderazione originaria, propria di una figura gradiente in un passo di danza, consente di riscontrare evidenti analogie con una terracotta tarantina rinvenuta in una tomba ellenistica di Taranto (I.G. 4103, De Juliis, Loiacono 1985, p. 384, fig. 471) e soprattutto con il bronzetto di Fauno danzante rinvenuto nella cd. Casa del Fauno di Pompei, opera di età imperiale (MANN inv. 5002; Fuchs 1993, p. 137, figg. 127-128; Simon 1997, p. 1131, n. 233). Tale iconografia è confermata anche dalle due statue marmoree di inizio I sec. a.C. rinvenute nel relitto di Anticitera, oggi al Museo Nazionale di Atene (Bol 1972, pp. 72-73, n. 30, tav. 41, 1-3, pp. 73-74, n. 50, tav. 41, 4-5) e, più tardi, da un torso in marmo pario dal Santuario di Diana Nemorense al Museo dell’University of Pennsylvania (MS 3466, Bilde, Moltesen 2002, pp. 23-24, figg. 18-20). L’archetipo di tale ricca tradizione iconografica è riconosciuto da Paolo Moreno nel Satiro danzante (Skìrtos) di Toinia di Sicione, opera bronzea nata nella tradizione lisippea e dedicata a Pergamo intorno al 200 a.C. dal generale Dionysodoros, che immortala il raro demone, parte del corteggio dionisiaco, che pratica il salto (Moreno 1994, p. 292; Moreno 1999).
Tale tipo di figura, caratterizzato da una tensione spasmodica e completamente abbandonato alla danza, conobbe una notevole fortuna nel medio e tardo ellenismo sino all'età romana imperiale anche nel rilievo scultoreo, nella ceramografia e nella glittica. Il soggetto ben si prestava alla decorazione di ambienti residenziali e, in particolare, di giardini e horti all’interno delle ville suburbane. Il modellato morbido e curato del torso dell’esemplare Borghese suggerisce una elaborazione nel II sec. d.C.
Jessica Clementi