La scultura è ritratta in un disegno del XVI secolo nel Palazzo di via Giulia, nella collezione della famiglia Ceoli, acquistata dal Cardinale Scipione Borghese nel 1607. Nell’illustrazione la figura appare priva degli interventi di restauro che ne modificano la testa e la posizione delle mani. Fino al 1826, quando viene scelta per essere restaurata e trasferita all’interno delle sale della Palazzina Borghese, è collocata nel giardino a sinistra del viale che porta al Tempio di Diana. Nel 1832, infine, compare nella sua attuale collocazione, la sala VI.
La figura muliebre, coperta di chitone e himation, il mantello, che le arriva a coprire il capo, sembra potersi legare all’iconografia nota di Cerere, ispirata a modelli statuari del primo ellenismo, ampiamente replicati in epoca romana. Il volto-ritratto, con ciocche di capelli simmetricamente ordinate in bande ondulate, richiama l’acconciatura di Giulia Mamea o di Barbia Orbiana, madre e moglie di Alessandro Severo.
Proveniente dalla collezione Ceoli in via Giulia a Roma, dove appare in un disegno del XVI secolo (Di Castro, Fox 1982, p. 110, n. 51); nella Collezione Borghese, è ricordata nel giardino, “a sinistra del viale che porta al Tempio di Diana” fino al 1826 quando viene trasferita nelle sale (Moreno, Sforzini 1987, p. 352); nel 1832 compare nella IV camera - attuale sala VI (Nibby, p. 114, n. 7). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 51, n. 151. Acquisto dello Stato, 1902.
La scultura proviene dalla collezione Ceoli, in via Giulia, dove viene ritratta in un disegno del Fondo Corsini, conservato nel Gabinetto Nazionale delle Stampe a Roma. L’illustrazione, datata al XVI secolo, è accompagnata dall’indicazione “del S. Tiberio ceuli in Strada giulia” e mostra la statua prima degli interventi di restauro. Appaiono differenti infatti la testa, inclinata verso sinistra, la mano destra rivolta verso la donna, il panneggio sul braccio sinistro concentrato verso il polso e la mano sinistra, dove comparivano distesi il dito medio e l’indice (Di Castro, Fox 1982, p. 110, n. 51). La De Lachenal ritiene che l’autore del disegno del Fondo Corsini sia Andrea Boscoli. La collezione Ceoli, conservata nel Palazzo di via Giulia, costruito da Antonio da Sangallo, viene acquistata dal Cardinale Scipione Borghese nel 1607 (1982, pp. 50, 52, fig. 1).
Il Rubens nel XVII secolo si ispira alla scultura Borghese per l’illustrazione di una statua di Cerere, oggi al museo dell’Ermitage di Leningrado (Haberditzl 1911-1912, p. 277). La statua compare, altresì, in un disegno dell’atelier del Rubens a Copenaghen, nella collezione Kobberstiksamling nello Statens Museum for Kunst (van der Meulen 1976-1978, p. 151, fig. 2 B).
Presente nella Villa di Porta Pinciana, collocata nel giardino “a sinistra del viale che porta al Tempio di Diana”, la statua è menzionata nel 1826 dal ministro Evasio Gozzani tra le sculture destinate ad essere restaurate e collocate all’interno delle sale depauperate dalla massiccia vendita a Napoleone Bonaparte (Moreno, Sforzini 1987, p. 352). Nel 1832 è ricordata come Pietà dal Nibby all’interno di una nicchia nella camera quarta, l’attuale sala sesta. L’autore ritiene il volto il ritratto di una matrona romana raffigurata nelle vesti della Pietà oppure in atto di sacrificare e la inquadra, per la resa delle pieghe della veste, all’epoca di Settimio Severo (p. 114, n. 7).
La figura femminile si presenta stante e pienamente frontale, gravitante sulla gamba destra, la sinistra leggermente scartata di lato e arretrata; poggia a terra solo la punta del piede. Indossa un sottile chitone lungo fino ai piedi, attraversato da fitte e profonde pieghe verticali. Sopra, un himation, il mantello, avvolge gran parte della figura, risalendo dalle spalle a coprire per due terzi la testa. Il panneggio segue le forme del corpo con naturalistiche pieghe dall’andamento diagonale e viene raccolto in un ampio groppo, trattenuto dalla mano sinistra all’altezza del fianco sinistro.
Il volto, non pertinente, è di forma ovale allungata, con guance piene e occhi tondeggianti e sporgenti. Lo sguardo languido è rivolto verso l’alto a sinistra, sottolineato dall’incisione delle iridi. I capelli si compongono in una massa compatta, divisi centralmente e raccolti simmetricamente in quattro ciocche ondulate correnti verso la nuca, che lasciano scoperte le orecchie.
Nel complesso l’iconografia prescelta riprende modelli statuari del primo ellenismo, ampiamente replicati in epoca romana, riferiti probabilmente alla figura di Cerere. Il Donzelli precisa, nel Ceretypus, la variante A, caratterizzata dalla mano destra estroflessa, della quale fornisce 31 repliche note (1998, p. 97, n. A18). Tra queste un buon confronto pare potersi stabilire con una statua del Museo Nazionale Romano, che trattiene nella mano sinistra un papavero (Fileri 1984, p. 340, n. X, 47) e con una seconda al Museo del Louvre che presenta il volto ritratto di Faustina Maggiore (Lambert 2021, p. 232, n. 148).
Riguardo la testa, il Kruse lega il ritratto all’iconografia dell’imperatrice Giulia Mamea e a quello di Barbia Orbiana, madre e moglie di Alessandro Severo, e lo inquadra nel terzo o quarto decennio del III sec d.C. (1975, pp. 27, 199, 249, n. A30, tav. 9). Del medesimo pensiero sono il Wrede e il Bieber che ritengono il volto rimaneggiato al tempo di Giulia Mamea (1981, p. 218, n. 73; p. 166, figg. 743-744, tav. 125). Fattezze simili, soprattutto nel trattamento della pettinatura, mostra una testa-ritratto al Museo del Louvre (Wegner, Wiggers 1971, p. 209, 21, pl. 63).
La mancanza di qualsiasi attributo impedisce di chiarire con certezza se si tratti della raffigurazione di Cerere o piuttosto di una matrona ritratta secondo gli schemi dell’iconografia imperiale.
La sensibile impressione di movimento suggerita dall’atto di sollevare con la mano sinistra il mantello e il panneggio accurato, con ampio utilizzo del trapano nella resa delle pieghe, suggeriscono una datazione agli inizi del III sec. d.C.
Giulia Ciccarello