La piccola statuetta in bronzo patinato raffigura il tipo dell’Artemide cacciatrice in corsa, stante sulla gamba destra e con la sinistra leggermente arretrata. La figura, che indossa un lungo chitone, è ritratta nell’atto di scoccare una freccia dall’arco sorretto dalla mano sinistra mentre la destra, piegata all’indietro, è impegnata a estrarre dalla faretra il dardo.
In occasione di un intervento settecentesco attribuito all’orafo Luigi Valadier il bronzetto è integrato e posto su una lunga cornice dorata come elemento decorativo, alternato ad altre tre figurine simili e tre quadretti dipinti. Nei depositi della Palazzina Borghese si conserva una serie di bronzetti analoghi ma di differente soggetto.
Il bronzetto è da considerare una replica ispirata a un tipo statuario della cerchia prassitelica inquadrabile nel I secolo d.C.
Collezione Borghese, documentato nel 1773. Acquisto dello Stato, 1902.
La figura femminile è ritratta con la gamba sinistra stante e con la destra leggermente arretrata. Il busto e il volto compiono una lieve torsione a sinistra; verso questo lato la figura sta scagliando la freccia da un arco trattenuto nel braccio sinistro disteso. Il braccio destro, sollevato e piegato all’avambraccio, doveva estrarre una freccia dalla faretra posta sulla schiena. La figura indossa un lungo chitone con ampio apoptygma; il panneggio, aderente alle forme del corpo, appare vivacemente mosso e forma lungo le gambe un arco. Intorno alla fronte sembra potersi scorgere la presenza di un cercine della capigliatura o di un diadema.
La figura è da identificare nel tipo iconografico dell’”Artemide cacciatrice in corsa” ispirato a un tipo statuario della cerchia prassitelica, noto attraverso numerose rielaborazioni e attribuito allo scultore Cefisodoto operante nel IV secolo a.C. (Sestieri 1941, pp. 107-128). Un orientamento della figura verso sinistra e con un gesto delle braccia simile si ritrova in un bronzetto già della collezione Newton-Robinson, proveniente da Alessandria d'Egitto (Léveque 1952, pp. 90-91, n. 65, tav. 33) e in un secondo conservato al Museo Nazionale di Napoli (inv. 6279: Sestieri 1941, p. 110, fig. 2).
Il bronzetto, conservato nei depositi della Palazzina Borghese, appartiene a una serie di statuette analoghe ma di differente soggetto della quale non risulta menzione negli Inventari e nella bibliografia riguardante la collezione archeologica. La Minozzi riporta una nota di pagamento, datata al 1773 e rinvenuta da González-Palacios, circa i restauri dell’orafo Luigi Valadier su vari bronzetti definiti “alcune figurine accomodate”, nei quali l’autrice individua il gruppo in esame (1993, pp. 37, 50). Il documento ricorda gli interventi di integrazione delle parti mancanti e l’applicazione delle figurine su tavolette lignee dorate di diversa forma, che l’autrice suggerisce di attribuire allo stesso Valadier (2019, pp. 192-195). L’Artemide cacciatrice è collocata, insieme ad altre tre (invv. CCXCVIII, CCLXXXIV, CCLXXXVI), come elemento di separazione di piccoli dipinti applicati su una lunga cornice. Le indagini EDXRF realizzate sulla figura in occasione della mostra “Valadier. Splendore nella Roma del Settecento”, svoltasi nel 2019 presso la Galleria Borghese, ne hanno confermato l’originalità e individuato una composizione di bronzo ternario rivestito di una patina dipinta. La statuetta è da considerare una replica di esecuzione piuttosto sommaria inquadrabile nel I secolo d.C.
Giulia Ciccarello