L’opera venne acquistata da Marcantonio IV Borghese nel 1783, con il tramite dell’architetto Antonio Asprucci. La ricevuta di pagamento indica che il principe la comprò insieme ad un altro quadro (inv. 257) del medesimo artista, di identiche dimensioni e anch’esso ambientato in un interno “a lume di notte”, tipico della produzione pittorica di genere di Wolfgang Heimbach. Il dipinto, già attribuito a Gerrit van Honthorst, è stato ricondotto alla mano dell’artista tedesco da Roberto Longhi.
Nel 1783, con il tramite dell’architetto Antonio Asprucci, il principe Marcantonio IV Borghese acquistò per settanta scudi, da Girolamo Rovinelli, “due Quadretti Fiamminghi, uno rappresentante uno Studio d’Avvocato, e l’altro rappresentante un uomo tenente un candeliere acceso in mano in atto di andare a dormire, ambedue dipinti a lume di notte” (cit. in Della Pergola 1959a, p. 269)
Il dipinto rappresentante Uomo con lucerna corrisponde al secondo citato nella nota di pagamento, mentre il primo, di identiche dimensioni, si riferisce alla tela con Due uomini nello studio, anch’esso in collezione (inv. 257). Le due opere, probabilmente concepite a pendant, sono state ricondotte alla mano del pittore tedesco Wolfgang Heimbach nel primo Novecento, dopo essere state riferite erroneamente a Gerrit van Honthorst sulla scorta dell’indicazione presente nell’inventario fidecommissario del 1833, dove compaiono rispettivamente come “Retratto, ad imitazione, di Gerardo, largo palmi 1, oncie 7; alto palmi 2” e “Quadretto ad imitazione, del Gerardo, largo palmi 1, oncie 7; alto palmi 2”. Riguardo la prima voce, si noti che la descrizione del dipinto come “Retratto” non si addice granchè alla scena raffigurata, tuttavia la vicinanza delle due citazioni e la corrispondenza delle misure non lascia dubbi sull’identificazione dei due quadretti. L’attribuzione a Gerrit van Honthorst viene ripresa sia da Adolfo Venturi (1893, p. 137) che da Giulio Cantalamessa (1912, p. 251). Successivamente Roberto Longhi (1928, p. 200), sulla scorta anche di una comunicazione orale di Stechow, riconduce la coppia di opere a Heimbach, riconoscendo sulla tela con Due uomini nello studio il monogramma dell’artista “W.H.B.C.H.” e rilevando l’affinità stilitica tra le due. L’assegnazione al pittore tedesco viene accettata e ripresa dalla critica successiva (De Rinaldis 1939, p. 42; Della Pergola 1959b, p. 164; Martin-Méry 1959, p. 41; Morsbach 1999, p. 127; Stefani 2000, p. 359; Herrmann Fiore 2006, p. 84).
I due dipinti furono probabilmente eseguiti intorno al 1645 a Roma, dove Heimbach arrivò in seguito ad un periodo di formazione nei Pasi Bassi. In seguito, nei primi anni Cinquanta, si trasferì in Danimarca dove lavorò come pittore di corte, e nel corso del decennio successivo fece ritorno in patria, rimanendovi fino alla morte.
La coppia di quadretti Borghese è testimonianza della produzione di Heimbach nell’ambito della pittura di genere, a cui il pittore, affetto da sordomutismo, si dedicò prevalentemente insieme alla ritrattistica. L’artista sperimentò più volte l’ambientazione “a lume di notte”, la stessa da cui derivava lo pseudonimo di Gherardo delle Notti attribuito a van Honthorst, specialista del genere, elemento che spiega l’attribuzione dei due dipinti a quest’ultimo nell’inventario ottocentesco sopra citato.
L’Uomo con lucerna rappresenta un personaggio in primo piano, in piedi al centro della scena, mentre avanza tenendo nella mano sinistra una candela, mentre con l’altra scherma la fiamma per impedire che si spenga. Accanto a lui, leggermente arretrato, si trova un letto a baldacchino, e sullo sfondo, nella parte opposta, compare un secondo ambiente in cui due uomini si trovano intorno ad un camino acceso. Uno dei due è seduto e fuma una lunga pipa, mentre dell’altro si intravede soltanto la silhouette in controluce di fronte alla fiamma accesa, in maniera molto simile all’effetto prodotto dalla mano dell’uomo in primo piano che scherma la candela.
Il dipinto è stato messo in relazione alla Giovane donna con lucerna già attribuito a Gerard Dou della Galleria Doria Pamphili, con cui è riscontrabile una vicinanza sia nel soggetto che nel taglio compositivo (Della Pergola, 1959b, cit.; sul dipinto si veda Morsbach, cit., p. 128, n. AI 11).
Pier Ludovico Puddu