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Veduta del Foro Romano

Anonimo olandese


Acquistata nel 1911, questa Veduta sembra appartenere alla mano di un pittore olandese attivo a Roma dove, a partire dagli anni Trenta del XVII secolo, accanto alla pittura di paesaggio ideale e classicista trovarono posto rappresentazioni più realiste, interessate alla riproduzione di brani e scorci di città, largamente apprezzati e ricercati dal mercato.

Eseguita entro la prima metà del XVII secolo, la tela riproduce un angolo del Foro Romano raffigurante al centro, in primo piano, le tre colonne del Tempio di Castore e Polluce e, sulla sinistra, il colonnato del Tempio di Antonino Pio con la chiesa di San Lorenzo in Miranda. Sullo sfondo, illuminati da una luce soffusa, si riconoscono i resti della Basilica di Massenzio e il campanile di Santa Maria Nova.


Scheda tecnica

Inventario
548
Posizione
Datazione
prima metà XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 46 x 37
Cornice

Cornice (cm 49 x 58,5 x 4)

Provenienza

Acquisto dello Stato, 1911 (Herrmann Fiore 2006).


Scheda

La storia e la provenienza di questa tela sono ignote. Le sue prime notizie, infatti, risalgono al 1911 quando, acquistato dallo Stato italiano (cfr. Herrmann Fiore 2006), il dipinto fu destinato al Museo Borghese.

Giudicato da Roberto Longhi un'opera 'senza pregio' (Longhi 1928), questo quadretto è stato finora completamente ignorato da tutta la critica - assente persino nei due volumi pubblicati da Paola della Pergola (1955; Eid. 1959) - ed erroneamente elencato nel 2006 da Kristina Herrmann Fiore come 'Ignoto, XVIII secolo'. A ben guardare la tela, infatti, sembra appartenere al catalogo di un pittore della prima metà del Seicento, come rammentano sia la foggia delle minuscole figurine che popolano la scena, sia il ritmo che ne permea l'intera composizione. Il suo autore, infatti, non dipinge una veduta nel senso classico del termine - ossia riprodurre oggettivamente ciò che gli sta intorno - ma un paesaggio che, per quanto ben riconoscibile, risulta ancora piegato ai criteri compositivi di equilibrio e armonia, qui suggeriti dalla vegetazione rielaborata a mo' di quinta scenica e dalla presenza umana che esalta quell'arcadia felice tra uomo e natura. E se da una parte, dunque, questo aspetto lo allontana dalle rappresentazioni settecentesche, dall'altra lo avvicina a quelle vedute realizzate dagli artisti olandesi giunti a Roma intorno agli anni Venti del Seicento che, interessati alla rappresentazione di brani e scorci di città, furono largamente apprezzati e richiesti dal mercato.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 225;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955 (assente);
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959 (assente);
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 175.