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Vocazione di S. Pietro

Tempesta Antonio

(Firenze 1555 - Roma 1630)

La Vocazione di San Pietro, dipinta su pietra paesina, è attestata in collezione Borghese almeno a partire dal 1693, anno in cui è inventariata sotto il nome di Antonio Tempesta. L’attribuzione all’artista toscano viene mantenuta in tutti gli inventari successivi ed è generalmente condivisa dalla critica. Verosimilmente ideata in pendant con il Passaggio del Mar Rosso dello stesso autore (inv. 501), l’opera è databile tra il secondo e il terzo decennio del Seicento.


Scheda tecnica

Inventario
497
Posizione
Datazione
1615-1630
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su pietra paesina
Misure
cm 15 x 32
Cornice

Salvator Rosa (cm 23 x 40 x 4)

Provenienza

Collezione Borghese, citato in Inventario, 1693, Stanza XI, n. 29; Inventario, 1790, Stanza X, n. 5; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 36, n. 25. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1971 Roma, Galleria Borghese
  • 2022-2023 Roma, Galleria Borghese
Conservazione e Diagnostica
  • 1964 Renato Massi (cornice)

Scheda

Il dipinto, realizzato su pietra paesina, rappresenta il momento in cui Gesù, sulla destra della scena, chiama all’apostolato Simone, detto Pietro. Il santo si trova su una barca insieme ad altri pescatori, intenti a issare una rete carica di pesci. Sulla sinistra, su un’altra imbarcazione sono raffigurati tre personaggi, uno dei quali sta salendo a bordo mentre gli altri due scaricano delle merci. Si tratta di Zebedeo e dei due figli, Giacomo e Giovanni. Sul fondo in lontananza altre due barche veleggiano verso il largo, rendendo percepibile la linea dell’orizzonte. L’episodio riprende con esattezza il racconto biblico della chiamata di San Pietro, in particolare rifacendosi alla testimonianza degli evangelisti Marco e Matteo.

La provenienza del dipinto e la sua data di ingresso nella collezione Borghese non sono note; la prima menzione si trova nell’inventario del 1693, dove l’opera è correttamente attribuita ad Antonio Tempesta: “un quadruccio bisologno alto un palmo incirca in pietra, la Navicella si S. Pietro con un’altra barca con N.ro Sig.re alla Riva n. 228 seg.to dietro del Tempesta, cornice negra d’ebano”. L’attribuzione al Tempesta viene mantenuta in tutti gli inventari successivi, fino a quello fidecommissario del 1833, e tale riferimento è generalmente condiviso dalla critica, che propende per una datazione al secondo decennio del Seicento.

Recentemente Johanna Beate Lohff ha messo in dubbio la paternità del dipinto, ritenendo che la composizione e la resa delle imbarcazioni siano lontane dai modi dell’artista fiorentino, suggerendo piuttosto un’affinità con le marine dei pittori fiamminghi attivi a Roma tra Cinque e Seicento, in particolare Paul Bril o Jan Brueghel il Vecchio, ma anche con quelle di Filippo Napoletano, alla cui mano o ristretta cerchia andrebbe ricondotta l’opera (Lohff 2015, p. 199, n. 5.3; Lohff 2018, p. 195). È tuttavia necessario notare che, come precisato da Emanuela Settimi (2022, p. 229) in occasione della mostra in cui il dipinto è attualmente esposto, esso appare ideato in pendant con il Passaggio del Mar Rosso (Galleria Borghese, inv 501), con il quale condivide diversi aspetti tecnici, iconografici ed esecutivi: i due quadri non solo risultano di dimensioni quasi sovrapponibili e utilizzano lo stesso supporto, due lastre dalle venature talmente simili che forse sono state estratte dallo stesso blocco di pietra paesina, ma sono entrambi inventariati nel 1693 con il numero 228 e il nome del Tempesta, a testimonianza del fatto che erano considerati una coppia sin da allora. Inoltre, gli stessi concetti espressi dal Passaggio del Mar Rosso e dalla Vocazione di San Pietro, episodi tratti rispettivamente dall’Antico e dal Nuovo Testamento, sono accomunati dal tema della salvazione: da un lato Mosè che, guidato da Dio, libera il popolo ebraico soggiogato dagli egiziani conducendolo verso la salvezza, dall’altro San Pietro è chiamato da Gesù a compiere la sua missione salvifica di “pescatore di uomini”. Nei due dipinti vengono anche adottate soluzioni compositive analoghe e complementari: le scene sono inquadrate da quinte di roccia nel Passaggio e di vegetazione nella Vocazione e le stesse figure di Mosè e Cristo, proiettate in primo piano da una linea di terreno molto bassa, sono posizionate specularmente, l’una a sinistra l’altra a destra. In entrambi i casi le venature a onda del supporto vengono sfruttate magistralmente per evocare il mare, e si ravvisano pennellate fluide e una delicata materia pittorica, facendo ritenere le due opere di un unico autore. Tali elementi consentono di riproporre il nome di Antonio Tempesta, che verosimilmente dipinse questi quadretti in un momento avanzato della sua carriera, quindi tra il secondo e il terzo decennio del Seicento.  

Pier Ludovico Puddu




Bibliografia
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 357, n. 52;
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese,1891, p. 264;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 218;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 223;
  • A. Calabi, in U. Thieme, F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler von der Antike bis zur Gegenwart, XXXII, 1938, p. 517;
  • P. Della Pergola, Galleria Borghese. I dipinti, II, Roma 1959, p. 55, n. 80;
  • P. Della Pergola in “Arte antica e moderna” 30, 1965, p. 207;
  • P. Della Pergola in Opere in mosaico, intarsi e pietra paesina. Catalogo, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 1971-1972), Roma 1971, p. 33, n. 17;
  • L. Laureati, Le pietre dipinte: oggetti o quadri? Alcuni esempi di collezionismo romano, in Pietra dipinta. Tesori nascosti del ’500 e del ’600 da una collezione privata milanese, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 2000-2001) a cura di Marco Bona Castellotti, Milano, 2000, p. 94;
  • A. L. Collomb, La peinture sur pierre en Italie 1530-1630, tesi di dottorato, Lyon, Université de Genève et Université Lumière, 2006, p. 271, n. 72;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 160;
  • J. B. Lohff, Malerei auf Stein. Antonio Tempestas Bilder auf Stein im Kontext der Kunst- und Naturtheorie seiner Zeit, München 2015, p. 199, n. 5.3;
  • J. B. Lohff, Antonio Tempesta’s Paintings on Stone and the Development of a Genre in 17th-Century Italy, in Almost Eternal: Painting on Stone and Material Innovation in Early Modern Europe, atti del simposio (Roma, British School, 2016) a cura di P. Baker-Bates ed E. M. Calvillo, Boston 2018, p. 195;
  • E. Settimi, in Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 2022-2023) a cura di F. Cappelletti, P. Cavazzini, Milano 2022, pp. 228-229, n. VI.4.