Attestato in collezione Borghese a partire dal 1790, il dipinto raffigura una donna, elegantemente abbigliata, già identificata con Marietta Robusti, figlia del celebre pittore veneziano Jacopo Tintoretto e sua valente discepola. Come sostenuto dalla critica, questo ritratto potrebbe essere una copia autografa di modesta qualità dell'autoritratto della pittrice, ipotesi qui scartata in mancanza di un confronto certo.
Cornice ottocentesca decorata con kymation (cm 124 x 101,5 x 11,3)
Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza X, n. 25); Inventario Fidecommissario 1833, p. 39. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora ignota. L'opera, infatti, figura negli inventari Borghese solo a partire dal 1790, citata negli elenchi fedecommissari (1833) con una curiosa attribuzione a Gherardo delle Notti. Riportata in ambito veneto da Giovanni Piancastelli (1891), che la avvicinò alla scuola di Paolo Veronese, la tela ha avuto diverse interpretazioni, considerata da taluni (Longhi 1929; Wethey 1971) una delle tante derivazioni del celebre ritratto perduto di Elisabetta Querini di Tiziano, da altri (Wilde 1930) una copia di un dipinto di Jacopo Robusti detto il Tintoretto.
Nel 1955, confrontando l'opera Borghese con l'autoritratto ritenuto autografo di Marietta Robusti (Parigi, Museé du Louvre), figlia del Tintoretto, Paola della Pergola assegnò la tela al catalogo della pittrice, giudicandola una replica autografa - sebbene meno fine - del quadro parigino. Tale ipotesi, scartata da Harold E. Withey (1971), è stata riproposta da Kristina Herrmann Fiore (2006) e mai più vagliata dalla critica.
Data però la difficoltà di confrontare il quadro Borghese con un qualsiasi dipinto autografo della pittrice - che nonostante i diversi tentativi rimane un'artista senza opere (cfr. Grosso 2017) - e tenuto conto dell'affinità di questo ritratto con quelli del Louvre e degli Uffizi (Autoritratto con madrigale, inv. 1890 n. 1898), si pubblica qui la tela come opera anonima della fine del XVI secolo, eseguita con buona probabilità all'interno del nutrito atelier tintorettesco.
Antonio Iommelli