La base di candelabro a sezione triangolare, posta su un piedistallo circolare moderno, è decorata nella parte inferiore da fregi a spirali e rosette. Negli angoli sono presenti protomi di Grifi alati con corna di ariete e volto di leone. I tre lati sono ornati da un bassorilievo raffigurante Ermes, Dioniso e una figura femminile, probabilmente Afrodite o una Hore, una stagione. Le figure, poste di profilo con gambe divaricate, sono rese in uno stile fortemente arcaizzante e statico. Gli elementi stilistici riscontrabili in numerose sculture analoghe, inducono a ritenere l’opera una produzione neoattica, inquadrabile nella prima metà del I secolo a.C., e proveniente probabilmente da Atene.
L’opera è raffigurata in un disegno del Roccheggiani del 1804 all’interno della Villa Pinciana. Nel 1826, in occasione della risistemazione effettuata dopo la depredazione napoleonica, è restaurata e collocata all’interno della sala I, dove rimane fino al 1893 quando viene definitivamente trasferita nella sala III.
Collezione Borghese, testimoniata nella “Palazzina Pinciana” nel 1804 da un disegno del Roccheggiani (tav. XXXVIII, 1). Fino al 1841 il Nibby la menziona nella sala I mentre nel 1893 compare nella sala III (Venturi, p. 30). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 44, n. 45. Acquisto dello Stato, 1902.
Nel 1804 la scultura è testimoniata nella Villa Pinciana da un disegno del Roccheggiani nel quale è definita “Ara Etrusca” (tav. XXXVIII, 1). Nel 1826 compare in una missiva, inviata dal Ministro Evasio Gozzani al Principe Camillo Borghese, tra le opere scelte per essere restaurate e collocate nelle sale, in occasione della sistemazione successiva allo spolio napoleonico. La base si ritrova menzionata, insieme al cratere cui fungeva da sostegno, nel III Recinto della Villa, vicino al “Casotto delle Anatre” (b. 7457: Moreno, Sforzini 1987, p. 350). Il Nibby la ricorda esposta, fino al 1841, nella sala I e la definisce “piede triangolare di un candelabro in marmo pentelico di stile greco antico, di studiata esecuzione” (1832, pp. 55-56; 1841, p. 914, n. 22). Nel 1893 è presente nella sua attuale collocazione, la III sala, nella guida del Venturi: “base triangolare, ove sono scolpite in bassorilievo tre figure giudicate Mercurio, Venere e Bacco” (p. 30).
Il piede di candelabro a sezione triangolare è posto su una base circolare moderna, ornata da lunghe baccellature e delfini. Nella parte inferiore della scultura sono presenti tre fregi a coppie di spirali, posti orizzontalmente e terminanti in una palmetta pendula con due rosette ai lati. Negli angoli sono raffigurate protomi di Grifi alati, con muso leonino e corna di ariete. I tre lati sono ornati a rilievo dalla raffigurazione di Ermes, Dioniso e una figura femminile. I soggetti sono ritratti in stile arcaizzante in un rigido in movimento verso sinistra. Hermes indossa un chitone che lascia scoperte le ginocchia e ai piedi gli endromides, alti stivaletti terminanti nella parte superiore in un risvolto. Il volto è barbato e il capo coronato da lunghi riccioli che arrivano ad adagiarsi sul petto. Nella mano sinistra trattiene il caduceo, il bastone da messaggero. Dioniso, dai lunghi boccoli, indossa una veste che giunge fino ai piedi e lascia scoperte le braccia, e un mantello adagiato sul braccio sinistro. Nella mano destra sorregge un pomo e nella sinistra il tirso. La figura femminile veste una lunga tunica trasparente che scendendo dalla spalla destra crea sul petto un risvolto diagonale. Nelle mani porta dei fiori. Essa è stata unanimemente interpretata dagli studiosi, a partire dal Nibby, come Venere ad eccezione del Cain che la ritiene la raffigurazione di una Hore, la personificazione di una stagione.
Il Fuchs, che per primo esamina in maniera esaustiva la scultura, la pone in relazione con una analoga conservata al Museo Archeologico di Palestrina (Quattrocchi 1956, p. 28, n. 52, fig. 16) inserendole entrambe nella produzione attica di età tardo-adrianea o inizio antoniniana. L’autore individua inoltre un’evidente divergenza tra l’aspetto arcaico della figura di Dioniso e la severa precisione che caratterizza la parte inferiore ornamentale che sarebbe piuttosto da accostare alle prime basi di candelabri provenienti da Mahdia di epoca neoattica. In particolare per la figura di Dioniso rileva un’affinità con quella analoga ritratta sul rilievo votivo di Chalandri del Museo Archeologico di Atene, che mostra, tuttavia, forme più severe (1959, p. 57).
Di diverso parere è il Cain che suggerisce un inquadramento cronologico alla prima età imperiale, osservando in particolare la bassa profondità dei soggetti e la ricerca di movimento nella posizione inclinata della donna come elementi stilistici tipici dei rilievi di epoca cesariana. Legherebbe al primo periodo augusteo, invece, le pieghe “a zigzag” della veste che scivolano lungo i fianchi e il velo a coda di rondine avvolto intorno alle braccia (1985, p. 174, n. 73).
La struttura compositiva della base, soprattutto per quanto riguarda la decorazione della parte inferiore, sembra accostarsi alle produzioni attiche riferibili alla prima del I secolo a.C. come si riscontra anche in altre repliche tra le quali: una conservata al Museo del Louvre (Reinach 1906, I, p. 61, n. 5, tav. 167), una seconda al Palazzo dei Conservatori (Stuart Jones 1926, pp. 54-55, tav. 67,7) una ai Musei Vaticani (Schöne 1867, p. 324, tavv. XIV-XV) e in ultimo una base triangolare proveniente da Mahdia (Merlin, Poinssot, 1930, Tav. 36 A, B).
Giulia Ciccarello