Cristo morto con la Maddalena e gli angeli
(Verona 1578 - Roma 1649)
Secondo la critica, il dipinto fu eseguito da Alessandro Turchi detto l'Orbetto tra il 1616 e il 1617 arco di tempo in cui il pittore ricevette da parte di Scipione Borghese alcuni pagamenti per quadri non meglio specificati. Si tratta certamente di una delle prime opere dell'artista veronese a Roma, eseguita su lavagna, un tipo di pietra nera ampiamente usata a Verona che conferisce un aspetto scintillante alla materia pittorica. Raffigura Cristo morto, circondato da angeli e da Maria Maddalena che gli regge una mano.
Gli accenti patetici del dipinto, sottolineati dalla teatralità dei gesti, mostrano quell'ideale di compostezza e armonia al quale Turchi rimase sempre fedele in tutta la sua carriera, declinato a Roma con gli esiti della pittura a lume di notte di Carlo Saraceni, di Gerrit van Honthorst e dei pittori francesi presenti nell'Urbe in quegli anni.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Datazione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Cornice
Cornice ottocentesca decorata con quattro palmette angolari.
Provenienza
(?) Roma, collezione Scipione Borghese, 1617 (Della Pergola 1955); Roma, collezione Borghese, 1650 (Manilli 1650); Inventario 1693, Stanza XI, n. 76; Inventario 1700, Stanza VIII, n. 9; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 37. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
- 1974 Verona, Palazzo della Gran Guardia;
- 1999 Verona, Museo di Castelvecchio;
- 2001 Roma, Palazzo di Venezia;
- 2001 Londra, Royal Academy;
- 2015 Roma, Palazzo Cipolla.
Conservazione e Diagnostica
- 1996-1997 Carlo Ceccotti, Paola Tollo (restauro della cornice);
- 2001 Paola Sannucci.
Opera attualmente non esposta
Scheda
Tre dipinti di Alessandro Turchi, tra cui un “Cristo morto in pietra”, senz’altro da identificare con quest'opera, furono segnalati da Iacomo Manilli nel 1650 presso il casino di Porta Pinciana, dove con ogni probabilità giunsero intorno al 1617, anno in cui il pittore ricevette due tranches di pagamento da parte di Scipione Borghese per alcuni quadri non meglio specificati (Della Pergola 1955). È certo, infatti, che il veronese fosse tra gli artisti più apprezzati dal cardinale il quale, oltre a una Resurrezione di Lazzaro (inv. 506), il Cristo nel sepolcro (inv. 307) e un San Pietro e l'Ancilla Ostiaria - dipinto mai rintracciato -, commissionò all'Orbetto una serie di lavori come gli affreschi nel casino del Barco, la Raccolta della manna nella sala Regia del Quirinale, e nel 1619 un dipinto destinato alla cappella della sua villa di Mondragone.
Nonostante il testo di Manilli e l'inventario del 1693, dove la descrizione dell'opera risulta ancora più precisa, questo raffinato Cristo morto fu erroneamente elencato nel 1700 come opera di Annibale Carracci, errore ripetuto negli anni successivi (Inv. 1790, Inventario Fidecommissario 1833) fino ad Adolfo Venturi che nel 1893 restituì l'opera al Turchi, nome accettato senza riserve da tutta la critica (si veda da ultimo Scaglietti Kelescian 2019). Datata "verso il 1615" da Roberto Longhi (1928), questa lavagna mostra una certa familiarità con il dipinto con analogo soggetto eseguito da Felice Brusasorzi e attualmente conservato presso una collezione privata a Rovereto (si veda la Deposizione con gli angeli, in Cinquant'anni di pittura veronese 1580-1630, fig. 52). Analogamente a tale pittura, infatti, Turchi orchestra la scena disponendo le figure a semicerchio intorno al bellissimo corpo di Cristo, la cui posa risente senz'altro della Pietà di Annibale Carracci (Napoli, Museo di Capodimonte) e della Deposizione con la Maddalena del Museo di Castelvecchio di Verona, dipinta dal maestro Brusasorzi, da cui l'Orbetto riprende anche il gesto dell'angelo che solleva la mano del martire. Interessante, infine, appare anche l'idea di inserire all'interno della composizione una fonte di luce artificiale - l'angelo che regge il lume - ennesimo espediente ripreso dalla Deposizione di Rovereto del vecchio Brusasorzi.
Una variante di questo dipinto (cfr. Dossi 2013) è attestata nel 1624 presso la collezione Patrizi di Roma, descritta come "un quadro d'un Christo morto con la Maddalena e tre angeli in paragone mano di Alessandro Veronese con cornice d'ebbano scudi 20" (Minozzi 2000).
Antonio Iommelli
Bibliografia
- I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 107;
- G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, p. 192;
- A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 219;
- R. Longhi, Galleria Borghese: il trio dei veronesi, in “Vita Artistica”, II, 1926, pp. 123-126;
- R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 223;
- C. Brandi, Disegno della pittura italiana, Torino 1930, pp. 491-492;
- A. De Rinaldis, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1939, p. 25;
- P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, pp. 121, n. 217;
- P. della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (III), in “Arte Antica e Moderna”, XXX, 1965, p. 209;
- A. Moir, The Italian followers of Caravaggio, II, Cambridge 1967, p. 112;
- A. Colombi Ferretti, Cinquant’anni di pittura veronese: 1580-1630, in "Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Lettere e Filosofia", IV, 1974, p. 1799-1804;
- D. Scaglietti Kelescian, in Cinquant’anni di pittura veronese: 1580 – 1630, catalogo della mostra (Verona, Palazzo della Gran Guardia, 1974), a cura di L. Magagnato, Verona 1974, pp. 118-119, n. 92;
- R. Pallucchini, La pittura veronese tra maniera e natura, in "Arte veneta”, XXVIII, 1974, pp. 138-146;
- C. Faccioli, “L’Orbetto” pittore veronese a Roma, in “L’Urbe”, V, 1975, pp. 10-22;
- R. Pallucchini, La pittura veneziana del seicento, II, Milano 1981, pp. 113-116;
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- D. Scaglietti Kelescian, in Alessandro Turchi detto l’Orbetto 1578-1649, catalogo della mostra (Verona, Museo di Castelvecchio, 2009), a cura di D. Scaglietti Kelescian, Milano 1999, p. 100;
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- F. Cappelletti, in Il genio di Roma, 1592-1623, catalogo della mostra (Londra, Royal Academy of Arts, 2001; Roma, Palazzo Venezia, 2001), a cura di B. L. Brown, Roma 2001, pp. 201-202;
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