Il dipinto risulta essere una copia del dipinto eseguito dal Caliari per la distrutta chiesa genovese dei Ss. Giacomo e Filippo conservato dal 1892 presso Palazzo Bianco di Genova. Si trattava dell’unica opera pubblica dell’artista veronese visibile nel capoluogo ligure, considerata a tutti gli effetti un capolavoro assoluto da parte della scuola pittorica locale che la utilizzava come modello per imparare a dipingere ‘alla veneta’.
Al pari del suo prototipo, raffigura Cristo in croce circondato da Maria Maddalena e dal discepolo Giovanni, quest'ultimo ritratto mentre sostiene tra le braccia la Vergine Maria svenuta per il dolore. La resa dei colori, più chiara rispetto alla pala genovese, rende la figura del protagonista ancor più drammatica.
Salvator Rosa cm 97 x 76 x 6,2
Roma, collezione Borghese 1693 (Inventario 1693, Stanza IX, n. 6; Della Pergola 1955); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 37. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora ignota. L'opera, infatti, è documentata in collezione Borghese solo a partire dal 1693, elencata nell'inventario fidecommissario e nelle schede di Giovanni Piancastelli (1891) come 'Scuola di Michelangelo'. Riferita da Giovanni Morelli a Giambattista Zelotti (cfr. Piancastelli 1891), tale attribuzione fu accolta positivamente da Adolfo Venturi ma rifiutata senz'alcun dubbio da Roberto Longhi che per primo parlò di 'Bottega del Veronese' (Longhi 1928). Secondo lo studioso, infatti, il dipinto Borghese risultava essere una copia tratta da un originale del maestro, vicino alle varianti del Museo del Louvre (inv. 145) e della chiesa di San Sebastiano a Venezia.
Tale pista, percorsa da Paola delle Pergola (Eid. 1955), che a sua volta accostò la tela a quella dell'Academy of Art di Honolulu (già coll. Kress) e alla versione della Galleria Doria Pamphili di Roma, fu infine condivisa sia da Remigio Marini (1968), sia da Teresa Pignatti (1976) i quali ne individuarono il prototipo nella tela eseguita dal Veronese intorno al 1573 per la chiesa genovese dei Ss. Giacomo e Filippo, conservata dal 1892 presso Palazzo Bianco di Genova.
L'opera, che al pari delle altre copie e varianti testimonia il successo dell'originale, fu eseguita da un ignoto pittore intorno all'ultimo quarto del XVI secolo.
Antonio Iommelli