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Crocifissione

Cerchia di Caliari Paolo detto Paolo Veronese

(Verona 1528 - Venezia 1588)

Il dipinto risulta essere una copia del dipinto eseguito dal Caliari per la distrutta chiesa genovese dei Ss. Giacomo e Filippo conservato dal 1892 presso Palazzo Bianco di Genova. Si trattava dell’unica opera pubblica dell’artista veronese visibile nel capoluogo ligure, considerata a tutti gli effetti un capolavoro assoluto da parte della scuola pittorica locale che la utilizzava come modello per imparare a dipingere ‘alla veneta’.

Al pari del suo prototipo, raffigura Cristo in croce circondato da Maria Maddalena e dal discepolo Giovanni, quest'ultimo ritratto mentre sostiene tra le braccia la Vergine Maria svenuta per il dolore. La resa dei colori, più chiara rispetto alla pala genovese, rende la figura del protagonista ancor più drammatica.


Scheda tecnica

Inventario
107
Posizione
Datazione
ultimo quarto del XVI secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 79 x 59
Cornice

Salvator Rosa cm 97 x 76 x 6,2

Provenienza

Roma, collezione Borghese 1693 (Inventario 1693, Stanza IX, n. 6; Della Pergola 1955); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 37. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 2002-03 Andrea Parri (frame)
Conservazione e Diagnostica
  • 2002-03 Andrea Parri (restauro della cornice)

Scheda

La provenienza di questo dipinto è tuttora ignota. L'opera, infatti, è documentata in collezione Borghese solo a partire dal 1693, elencata nell'inventario fidecommissario e nelle schede di Giovanni Piancastelli (1891) come 'Scuola di Michelangelo'. Riferita da Giovanni Morelli a Giambattista Zelotti (cfr. Piancastelli 1891), tale attribuzione fu accolta positivamente da Adolfo Venturi ma rifiutata senz'alcun dubbio da Roberto Longhi che per primo parlò di 'Bottega del Veronese' (Longhi 1928). Secondo lo studioso, infatti, il dipinto Borghese risultava essere una copia tratta da un originale del maestro, vicino alle varianti del Museo del Louvre (inv. 145) e della chiesa di San Sebastiano a Venezia.

Tale pista, percorsa da Paola delle Pergola (Eid. 1955), che a sua volta accostò la tela a quella dell'Academy of Art di Honolulu (già coll. Kress) e alla versione della Galleria Doria Pamphili di Roma, fu infine condivisa sia da Remigio Marini (1968), sia da Teresa Pignatti (1976) i quali ne individuarono il prototipo nella tela eseguita dal Veronese intorno al 1573 per la chiesa genovese dei Ss. Giacomo e Filippo, conservata dal 1892 presso Palazzo Bianco di Genova.

L'opera, che al pari delle altre copie e varianti testimonia il successo dell'originale, fu eseguita da un ignoto pittore intorno all'ultimo quarto del XVI secolo.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 231;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 87;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 187;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, p. 137, n. 245;
  • R. Marini, L’Opera completa del Veronese, Milano 1968, p. 115;
  • T. Pignatti, Veronese, Venezia 1976, p. 184;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 39.