Citata nell’inventario della collezione del 1790 con l’attribuzione a Jacopo Bassano, l’opera deriva, seppure con alcune differenze, da un originale del pittore veneto conservato al Musée du Louvre o da una sua variante perduta.
Roma, collezione Borghese, menzionato in Inventario 1790, Stanza VIII, n. 32; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 40. Acquisto dello Stato, 1902.
L’opera compare per la prima volta nell’inventario del 1790, dove è citata con una generica attribuzione ai Bassano. Nel catalogo di Piancastelli (1891) veniva riferita alla maniera di Giacomo Bassano, mentre Venturi (1893) la assegnava a Jacopo. Dopo che Longhi la definì “derivazione”, Paola della Pergola (1955), seguita da Arslan (1960, p. 366), la associò alla versione del Musée du Louvre (inv. 433) (cfr. A. Galansino, in Titien, Tintoret, Véronèse 2009, p. 388, cat. 84), a sua volta in rapporto con il modelletto conservato presso il Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona (inv. 1641 Pint) (cfr. J. Oliveira Caetano, in El Greco 2023, pp. 180-181, n. 19), come identificato da Rearick (1992, p. CLXXVI). Pur senza riferimenti precisi, Rearick (ibid.) citava l’esistenza di numerose repliche che la bottega dei Bassano realizzò a partire dal prototipo di Jacopo, tra cui la grande tela del Louvre proveniente dalla collezione di Paolo Giordano II Orsini e databile entro il 1577 (cfr. Furlotti 2013). Della Pergola stabiliva un confronto con quest’opera, pur sottolineando la presenza di numerose varianti rispetto alla tela francese. La composizione del dipinto del Louvre, infatti, risulta meno affollata e compressa rispetto alla copia della Galleria Borghese, dove lo spazio inghiottito dalle tenebre in primo piano a sinistra è riempito da Maria in lacrime, consolata da un giovane. Anche nella parte destra della scena si notano differenze sostanziali nei personaggi, tanto che è lecito ipotizzare l’esistenza di una variante perduta sul tema della Deposizione di cui la copia della Galleria Borghese costituisce uno dei rari esempi.
Elisa Martini