Statua di Eracle fanciullo a riposo. La figura è stante sulla gamba destra leggermente arretrata. Il braccio sinistro, avvolto nella pelle del leone (leontè), è appoggiato su un tronco che funge da sostegno laterale. Il braccio destro è portato dietro la schiena. La testa e le spalle sono coperte dalla leontè annodata sul petto. Il volto è inclinato verso destra. L’iconografia, che nella posa cita il famoso Ercole Farnese, consente di identificare la figura con un Herakliskos. Con questo termine greco si designa, generalmente, l’Eracle bambino dotato di capacità prodigiose, come la forza di liberarsi dai serpenti, per citare un noto episodio del mito ricordato anche nell’opera di Teocrito (l’Herakliskos appunto), che narra le vicende dell’eroe dalla nascita all’adolescenza.
Nell’allestimento seicentesco della Villa Pinciana la scultura, entrata nella raccolta Borghese a seguito dell’acquisto nel 1609 e già nella Collezione Della Porta (1610, Inventario dell’eredità, AB, n. 37, tomo 16, Atti di famiglia n. 616, n. 55; ASV, AB 1007, nr. 270, p. 6. De Lachenal 1982, p. 96), fu esposta su uno dei lati brevi del salone d’ingresso, dove rimase fino al 1762 (I Borghese e l’antico, p. 157). Iacomo Manilli e Domenico Montelatici, infatti, ricordano tale collocazione per la statua di un «Eracle fanciullo appoggiato alla clava», allestita in cima a una colonna di porfido (Manilli 1650, p. 56; Montelatici 1700, p. 195) e poi spostata nel Portico, dove la vide Ennio Quirino Visconti, allora incaricato da Napoleone di redigere una stima dei marmi Borghese in vista dell’acquisto (Visconti 1796, p. 7).
L’Inventario Fidecommissario Borghese del 1833 riporta la collocazione in sala II, dove il piccolo Eracle è attualmente esposto e nella quale a partire dal 1815 fu allestito un vero e proprio ciclo eroico del semidio, soggetto che ricorre in diverse iconografie tra le sculture della raccolta Borghese.
La figura è stante, con la gamba destra arretrata e la sinistra portata in avanti; il braccio destro è piegato e posto dietro la schiena. Il volto presenta una leggera inclinazione verso il basso. L’ovale è pieno, dalle forme morbide, riprese anche nei dettagli anatomici. La testa dell’animale copre il capo, la pelle scende sulle spalle ed è annodata sul petto con le zampe anteriori. Parte della leontè, infine, avvolge il braccio sinistro, appoggiato su un tronco che funge da sostegno laterale.
L’opera, dallo stile plastico e naturalistico, presenta l’impostazione formale e iconografica dell’eroe a riposo che, seppure nelle dimensioni ridotte, richiama il famoso Ercole Farnese. Questa versione replica, in particolare, il tipo Pozzuoli-Antinori, una creazione nata dalla fusione del tipo Seleucia-Borghese con quello Side-Caserta e attestata da copie di epoca imperiale (Moreno 1982, pp. 484-485). Si tratta, ad ogni modo, di una statua ricomposta da frammenti diversi, non solo antichi, molto restaurata in età moderna.
L’adattamento del tipo iconografico alla figura di un fanciullo non è isolato, bensì è noto da un buon numero di esemplari romani e dipende da un modello originale del tardo ellenismo.
Si conoscono numerose repliche di età imperiale di questa tipologia, soprattutto nella variante della figura appoggiata alla clava, molto impiegata nelle rappresentazioni di infanti con ritratti idealizzati (Moreno 1982, pp. 484-485). La produzione sembra ispirata al mito dell’uccisione da parte dell’eroe fanciullo di un leone sul monte Citerone.
Nel racconto di Apollodoro (Bibl. II.4.10) il piccolo Eracle si sarebbe coperto la testa e le spalle con le spoglie dell’animale ucciso. Sia l’attributo sia l’iconografia consentono quindi di identificare la statua con un cosiddetto Herakliskos. Tuttavia, non sono mancate interpretazioni differenti. Ad esempio, nel 1939 Domenico Mustilli propose di riconoscervi un Eros nelle vesti di Eracle (Mustilli 1939, p. 72), secondo una tipologia diffusa nell’arte e nella poesia ellenistica. Alcuni Epigrammi raccolti nell’Antologia Greca, infatti, citano episodi del mito in cui Eros avrebbe spogliato Eracle delle sue armi e della pelle leonina. Si potrebbe forse rintracciare in questi versi l’archetipo in letteratura di un tipo scultoreo, senza dubbio dipendente da un originale ellenistico, probabilmente da attribuirsi a un artista della cerchia di Boethos (Moreno 1975; Moreno, Viacava 2003, p. 184).
La scultura Borghese trova confronto con un esemplare del Museo di Tarragona (A. García y Bellido, Esculturas romanas de España y Portugal, Madrid 1949, p. 90, tav. 65), con una statua da Ostia (NSc 1915, p. 256; JRS 1915, tav. X) e con una replica del Museo dei Conservatori (Mustilli 1939, p. 72, tav. XLVII, 189).
Clara di Fazio