Questa tavola, ricordata in collezione Borghese a partire dal 1790, è stata attribuita dalla critica all'artista fiorentino Pier Francesco Foschi. La scena rappresentata, costruita secondo una rigorosa ricerca simmetrica, raffigura il mitico re Salomone, celebrato nella Bibbia per la sua proverbiale saggezza. Il sovrano, infatti, qui ritratto seduto su uno scranno al di sotto di un baldacchino, fu chiamato in causa da due donne, le quali subito dopo aver dato alla luce i loro figli - di cui uno morto - si appellarono alla giustizia per rivendicare la maternità del neonato ancora in vita. Non conoscendo la realtà dei fatti, il vegliardo provocò sapientemente le due puerpere, decidendo di far dividere in due parti il corpicino del sopravvissuto. A tale richiesta la vera madre, mossa da sincero amore, rinunciò al suo diritto sul bambino fermando il braccio armato della guardia reale, contrariamente all'altra donna che, invidiosa, aveva accettato la decisione di Salomone rivelando in tal modo le sue perfide intenzioni.
Cornice cinquecentesca con arabeschi a fondo nero (cm 84 x 67 x 5,5)
Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza VII, n. 21); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 28, n. 41. Acquisto dello Stato 1902.
La provenienza di quest'opera è tuttora sconosciuta. Il dipinto, infatti, è segnalato in collezione Borghese a partire dal 1790, inventariato come opera del Franciabigio. Tale attribuzione, confermata nel Fidecommisso (1833), fu rifiutata dal Morelli il quale nel 1897 avanzò il nome di Piero di Cosimo, parere accolto da tutta la critica (Knapp 1899; Berenson 1903; Borenius in Crowe-Cavalcaselle 1914; De Rinaldis 1937; Langton Douglas 1946) e solo in parte da Adolfo Venturi (1893) e dall'Ullmann (1894; Id. 1896). La paternità della tavola all'artista fiorentino fu scartata senza alcun dubbio da Federico Zeri (in Della Pergola 1959; opinione condivisa successivamente da Bacci 1966; Id. 1977) che, mettendo a confronto il dipinto Borghese con la Morte di Laocoonte di Pier Francesco Foschi (Londra, collezione privata), non esitò ad assegnare a quest'ultimo Il giudizio di Salomone, tratto al pari della tavola londinese dagli affreschi semidistrutti di Filippino Lippi a Poggio a Caiano. Tale ipotesi, prontamente raccolta da Paola della Pergola (1959), fu però messa in discussione dallo stesso Zeri qualche anno dopo (Zeri 1962), proponendo di assegnare il quadro all'anonimo 'Maestro di Serumido' - personalità attiva a Firenze nei primi vent'anni del Cinquecento, la cui identità ancora ci sfugge - confermando al contempo le radici filippinesche del dipinto, eseguito a detta dello studioso secondo "quei modi tipici di un periodo proto-manierista vicino ad Alonso Berrueguete" (Id.). Tale opinione, mai vagliata dagli studiosi, non è stata confermata da Kristina Herrmann Fiore che nel 2006 ha ripubblicato l'opera con l'attribuzione al Foschi.
Antonio Iommelli