Questo dipinto, al pari di molti altri eseguiti da artisti fiamminghi presenti tuttora in collezione, venne comprato da Marcantonio IV Borghese nel 1783. Raffigura un flautista, ritratto con alcuni bevitori in una spoglia locanda, mentre esegue un brano con il suo strumento.
La non elevata qualità di esecuzione di questo quadro, il cui soggetto ben si inserisce nel solco della pittura olandese, farebbe pensare alla mano di un seguace di Pieter de Hooch, artista attivo a Utrecht, a cui in passato la tavola è stata attribuita.
Cornice ottocentesca cm 76,3 x 91,1 x 7
Roma, acquisto di Marcantonio IV Borghese presso Giovanni de Rossi, 1783 (Della Pergola 1959); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 13. Acquisto dello Stato, 1902.
Questa 'Bambocciata più grande di P. de Hage' fu acquistata dal principe Marcantonio IV Borghese che il 13 ottobre 1783 sborsò per questa tavola - e per altre sei opere di pittori stranieri - ben cinquanta scudi, somma incassata dal 'negoziante in tal genere' Giovanni de Rossi (Della Pergola 1959). Assente nell'inventario del 1790, il dipinto riappare nel 1833, elencato dall'estensore del Fidecommisso come opera di Giovanni Le Ducq, nome respinto sia dal Bürger (1866), sia dall'Harvard (1888) - che nei loro studi parlarono di Jan Vermeer - ma riesumato nel 1891 da Giovanni Piancastelli. Nel 1893, senza conoscere il documento pubblicato da Paola della Pergola, Adolfo Venturi (Id. 1893) parlò per la prima volta di Pieter De Hooch, parere accettato da tutta la critica (Cust 1914; Longhi 1928; De Rinaldis 1939; Della Pergola 1959) e confermato tra gli altri da Peter C. Sutton (1979) e di recente da Chiara Stefani (in Galleria Borghese 2000) e Kristina Herrmann Fiore (2006).
Una pista diversa da quella percorsa da Venturi fu proposta da Émile Durand-Gréville, il cui parere fu riportato da Giulio Cantalamessa nelle sue Note manoscritte (1911-1912). A detta dello studioso francese, infatti, il dipinto Borghese sarebbe stato realizzato da Quiringh Gerritz van Brekelenkam, un pittore olandese formatosi sotto la guida di Gerrit Dou, da cui desunse gran parte del suo repertorio artistico. Ma tale giudizio, che senz'altro riportava debitamente l'opera nel solco della pittura olandese, si rivela però alquanto bonario, essendo la produzione del Brekelenkam, al pari di quella di De Hooch, di qualità parecchio elevata per poter includere questa tavola caratterizzata invece da un'esecuzione 'non di primissima qualità' (cfr. Della Pergola 1959).
Nel 1979 Peter C. Sutton, forse rifacendosi ai pareri di Cornelis Hofstade de Groot (1909) e di Lionel Cust (1914), confermò l'autografia al De Hooch, datando la tavola al primo periodo del pittore quando questi, prima della sua maturità artistica, era solito usare una tavolozza caratterizzata da colori perlopiù primari.
L'opera, che a detta di Cust (1914) mostrava delle reminiscenze di Carel Fabritius, è stata accostata all'Interno con soldato e donna della raccolta Johnson di Philadelphia (cfr. a tal proposito Valentiner 1929)
Antonio Iommelli