Il dipinto fu eseguito intorno alla metà del XVII secolo dal pittore marchigiano Giovanni Battista Salvi, detto Sassoferrato. Si tratta di una delle numerose interpretazioni che l’artista trasse, nel corso della sua vita, dalla Madonna della Torre (Madonna Mackintosh) di Raffaello, oggi conservata presso la National Gallery di Londra, opera di grandissima fortuna. La tela entrò a far parte della collezione Borghese nel 1818 tramite acquisto del principe Camillo presso Ignazio Grossi.
Salvator Rosa cm.109 x 95 x 6
Roma, collezione Borghese, acquisto del principe Camillo Borghese da Ignazio Grossi di Firenze, 1818; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 7, n. 14. Acquisto dello Stato, 1902.
L’opera, di mano di Giovanni Battista Salvi detto Sassoferrato, è tratta dalla Madonna della Torre (Madonna Mackintosh) di Raffaello, proveniente dalla raccolta del Duca di Orlèans e conservata presso la National Gallery di Londra. Dell’opera raffaellesca esistono numerose versioni, più o meno fedeli, che testimoniano l’enorme fortuna acquistata dal soggetto fin dalla sua realizzazione all’inizio del Cinquecento.
La ripresa del Sassoferrato non è una copia fedele ma presenta alcune significative variazioni rispetto all’originale, come per esempio lo sfondo, che l’artista sceglie di rendere neutrale senza riprodurre il paesaggio del prototipo, ma anche la veste della Madonna, come è riscontrabile nel panneggio delle maniche, reso in maniera più abbondante (Stefani 2000, p. 356).
Sostanzialmente intatta rimane la posa dei due personaggi, nonché i rispettivi atteggiamenti emotivi evidenziati dai loro volti: il Bambino, nell’atto di abbracciare la madre, si rivolge verso lo spettatore con un’espressione quasi giocosa, mentre la Vergine, con una fermezza statuaria, mantiene lo sguardo verso il basso.
L’artista marchigiano affronta più volte, sempre attraverso interpretazioni personali, il soggetto raffaellesco. Ulteriori esempi sono la versione conservata a Candelara di Pesaro (collezione privata), esposta per la prima volta in mostra a Cesena nel 2009, e quella presso l’Accademia Carrara di Bergamo, di analogo livello qualitativo (Il Sassoferrato. Un preraffaellita tra i puristi del Seicento, cat. mostra (Cesena, Galleria Comunale d’Arte, 2009), a cura di M. Pulini, A. Giovanardi, A. Marchi, Milano 2009, cat. 21). Una variante iconografica del tema è rappresentata dalla Madonna col Bambino e il libro, di cui una versione è presentata alla citata mostra cesenate, in cui l’artista riprende le figure dei due protagonisti modificando completamente il contesto e aggiungendo significativi particolari, quali un libro in mano alla Vergine e un cuscino sotto al piede dell’Infante (Il Sassoferrato, cit., cat. 22)
L’opera, databile alla metà del XVII secolo, entra in collezione Borghese alla fine del 1818 tramite acquisto del principe Camillo presso Ignazio Grossi, e compare nell’inventario fidecommissario del 1833 con la corretta attribuzione al Salvi.
Nel 1980 François De Lepinay ha messo in collegamento al dipinto Borghese un disegno già conservato presso lo Staatliche Graphische Sammlung di Monaco, rubato nel 1965 (De Lepinay 1980, pp. 67-84).
Pier Ludovico Puddu