Madonna con Bambino e i santi Antonio e Giobbe e una devota
(Serina 1480 ca. - Venezia 1528)
Il dipinto tratta il tema della cosiddetta Sacra conversazione, soggetto che in ambito veneto riscosse un ampio successo nei primi decenni del Cinquecento. La tavola è tradizionalmente ascritta al Negretti nell’ambito della sua produzione giovanile; tuttavia, è stato proposto di espungerla per riferirla, insieme con altre opere stilisticamente simili, alla figura, non ancora identificata, del cosiddetto Maestro della Madonna di Chantilly.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Datazione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Provenienza
Roma, Collezione Borghese, registrato nell’Inventario Fidecommissario Borghese Borghese 1833, p. 12. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
- 2012 Illegio, Casa delle Esposizioni
Conservazione e Diagnostica
- 1903 Luigi Bartolucci (disinfestazione)
- 1936 Carlo Matteucci
- 1947 Carlo Matteucci
Scheda
Il dipinto è citato a partire dall’Inventario Fidecommissario del 1833, dove è ascritto a Palma il Vecchio. Morelli (1876) lo riteneva un dipinto giovanile mentre per Venturi (1893) era da considerare uno dei meno felici del pittore veneto. Pur considerandola ancora legata a “tradizioni paesane”, Longhi (1928) evidenziava nell’opera echi tizianeschi, specialmente nelle figure sullo sfondo, collocandone l’esecuzione verso la fine del primo decennio del Cinquecento, una datazione generalmente condivisa dalla critica successiva. In virtù dell’alto livello qualitativo del dipinto Longhi respingeva l’ipotesi avanzata da Cavalcaselle (1864), che la credeva opera del Cariani, né tantomeno prendeva in considerazione l’idea di riferirla ad una personalità anonima vicina a Palma il Vecchio e attiva a Venezia negli stessi anni. In accordo con questa lettura, la Della Pergola (1655) riaffermava l’autografia del dipinto messa in discussione da Gombosi (1932), che lo assegnava a Francesco di Simone, sottolineandone le affinità con la Sacra Conversazione del Musée Condé di Chantilly. Con quest’opera infatti la tavola Borghese condivide il taglio compositivo e la disposizione delle figure nello spazio, in particolare quella del donatore posto di scorcio in funzione di quinta, figure che hanno spinto Della Pergola a considerare entrambi i dipinti degli ex-voto eseguiti all’incirca nello stesso momento. Mariacher (1968) espungeva l’opera dal catalogo del maestro di Serina, ascrivendone l’esecuzione alla bottega, mentre Rylands (1988) la inseriva in un gruppo di dipinti riferibili ad un artista minore della cerchia di Palma definito Maestro della Madonna di Chantilly. Lo studioso inoltre riportava l’affermazione risalente a Garas (1985), secondo cui la tavola si trovava in collezione Borghese sin dal Seicento, senza tuttavia offrire indicazioni documentarie precise salvo l’attribuzione del dipinto al Pordenone.
Ballarin (1965) ha posto in rilievo la derivazione dello schema della tavola dalla pala di Giovanni Bellini in San Francesco della Vigna, per la presenza dei due santi generalmente identificati in San Francesco e San Girolamo, ai lati della Madonna col Bambino e il donatore in primo piano. La presenza di citazioni tizianesche e lottesche (cfr. Savy 2013), accanto alla matrice belliniana, è indicativa dello stile di Palma il Vecchio nel secondo decennio del Cinquecento, periodo a cui risale anche questa Sacra Conversazione.
Elisa Martini
Bibliografia
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- B. Berenson, Pitture Italiane del Rinascimento: catalogo dei principali artisti e delle loro opere con un indice dei luoghi, trad. di E. Cecchi, Milano 1936, p. 163.
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- K. Herrmann Fiore, Museo e Galleria Borghese. Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 57.
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