Il dipinto, di provenienza ignota, è certamente presente in collezione Borghese a partire dal 1833, quando viene citato nell’inventario fidecommissario con la corretta attribuzione a Innocenzo Francucci, detto Innocenzo da Imola. L’opera, caratterizzata da un’atmosfera di particolare tenerezza, è riferibile alla prima attività dell’artista ed appartiene ad una produzione di carattere devozionale basata su formule collaudate, riprese con piccole variazioni.
Salvator Rosa cm. 86 x 75,8 x 7
Roma, collezione Borghese, Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 34, n. 37. Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto rappresenta la Madonna seduta con in braccio il Bambino benedicente rivolto verso Santa Caterina, raffigurata sulla sinistra della scena. Sul lato opposto ma in secondo piano compare San Giuseppe, con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, le cui fattezze sembrano ispirate, come notato da Venturi (1893, p. 214), da un mosaico romano. Alle spalle della santa, oltre la tenda aperta sulla sinistra, si apre un paesaggio in cui si staglia un monte dalla forma conica.
Il pittore, nativo di Imola, è attestato già nel 1506 a Bologna, dove potrebbe aver studiato al seguito di Francesco Francia, come riportato da Malvasia (Felsina pittrice [1678], Bologna 1844, I, p. 119). Alla permanenza nella città emiliana si affianca un soggiorno a Firenze dove, come ricordato dal Vasari (Le vite… [1568], a cura di G. Milanesi, Firenze 1880, V, p. 185), lavorò con Mariotto Albertinelli, il cui contatto è testimoniato da diverse affinità a livello stilistico (C. Pedrini, ad vocem Francucci, Innocenzo (Innocenzo da Imola), in Dizionario biografico degli italiani, L, 1998).
Il dipinto è di provenienza incerta e non si conoscono le modalità del suo ingresso nella collezione Borghese. La sola citazione nota del dipinto negli inventari risale all’elenco fidecommissario del 1833, in cui compare correttamente attribuito al Francucci. L’assegnazione al pittore viene ripresa da Piancastelli (1891, p. 169), Venturi (cit.), Longhi (1928, p. 222), Della Pergola (1955, p. 52, n. 84) e Ferriani (1986, pp. 63, 69).
La tavola è riferibile all’attività giovanile dell’artista e appartiene ad una produzione di carattere devozionale basata sulla ripresa di stesse formule appena variate. La particolare tenerezza che distingue il gruppo centrale della Madonna col Bambino e Santa Caterina lascia propendere per una periodizzazione affine alla pala già nella chiesa bolognese del Corpus Domini, oggi conservata presso l’Alte Pinakothek di Monaco, databile entro il 1525 (Ferriani cit., p. 63).
Pier Ludovico Puddu