Predica di Sant'Antonio da Padova ai pesci
(Verona 1528 - Venezia 1588)
Giunto nella collezione di Scipione Borghese nel 1607 come dono diplomatico, il dipinto raffigura un soggetto non diffuso, con ogni probabilità legato al donatore e suo presunto committente, il patriarca di Aquileia Francesco Barbaro.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Provenienza
Collezione Francesco Barbaro (Della Pergola 1955, p. 136); Roma, cardinale Scipione Borghese (dal 1607 collezione di Scipione Borghese: Della Pergola 1955, p. 136; Francucci 1613, c. 82v); Inventario 1630 ca. (Corradini 1998, p. 454); Inventario Borghese 1693, Stanza VIII, n. 460 (Della Pergola 1965, 204); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 18, n. 2. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
- 1939 Venezia, Ca’ Giustinian
- 1945 Roma, Galleria Borghese
- 1985 Roma, Palazzo Venezia
- 1993 Roma, San Michele, Chiesa grande
- 2009-2010 Kyoto, Tokyo, National Museum of Modern Art
- 2012 Roma, Scuderie del Quirinale
- 2022-2023 Roma, Scuderie del Quirinale
- 2024 Roma, Palazzo Barberini
Conservazione e Diagnostica
- 1951, Decio Podio
- 2001, Laura Ferretti
Scheda
Come la Predica del Battista (inv. 137) sempre di Veronese, il dipinto pervenne a Scipione Borghese nel 1607 quale dono diplomatico di Francesco Barbaro (1546-1616), patriarca di Aquileia, che presumibilmente ne è anche il committente. Come risulta da una lettera indirizzata a Scipione Borghese, dopo aver inviato un primo dipinto (non è ancora a oggi possibile stabilire quale delle due Prediche arrivò per prima a Roma), Barbaro rassicura il cardinale, che cerca evidentemente di compiacere, scrivendo che «procurerò senza intermissione alcuna di provvedere d’altra cosa alla virtuosa et degna dilettazione di V.S. Ill.ma» (Della Pergola 1955). Per le sue particolari dimensioni la tela, eseguita intorno al 1580, poteva forse far parte di un ciclo con la raffigurazione dei miracoli del santo padovano, copatrono della città di Torino dove Barbaro ricopriva in quel momento la carica di ambasciatore presso i Savoia.
Nel dipinto si descrive la predica ai pesci di sant’Antonio da Padova, un soggetto non molto frequente nella storia dell’arte. Secondo le fonti la miracolosa predica avvenne sul mare di Rimini, dove Antonio impossibilitato a predicare per l’indifferenza degli abitanti, si incamminò fino alla spiaggia, chiamando ad alta voce i pesci per far ascoltare loro le lodi al Creatore che gli altri si rifiutavano di sentire. Pesci grandi e piccoli giunsero tirando le teste fuori dall’acqua per udirne le parole, finché anche gli uomini, incuriositi da quella moltitudine, si unirono nell’ascolto del francescano, rappresentato in piedi su una piccola collina con il consueto attributo del giglio.
Veronese divide la composizione in due parti, a sinistra il mare con i pesci e a destra un numeroso pubblico, fra cui uomini che, per tratti somatici e abbigliamento ‘all’orientale’, vengono connotati immediatamente come eretici, coloro che poco prima avevano rifiutato l’ascolto delle parole del predicatore. Da notare l’attenzione che l’artista ha posto ai sandali del santo, fermo con i piedi ben piantati a terra, secondo l’indicazione dell’apostolo Paolo che esorta ad avere i piedi «calzati e pronti a propagare il vangelo della pace» (Ef. 6,15).
Il dono del dipinto, riferito alla fase tarda del Caliari legato da tempo alla nobile famiglia dei Barbaro, va riportato a quel delicato momento dei rapporti della Chiesa con Venezia, ribadendo da parte del patriarca la sua fedeltà al Papa e alla sua autorità. Una volta a Roma la tela, fornita di cornice, trovò posto nella quadreria del cardinale, allora nel palazzo di Borgo, dove è descritta da Scipione Francucci (1613), venendo poi sempre ricordata a partire dall’inventario del 1693.
Sofia Barchiesi
Bibliografia
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