Sacra Famiglia con San Giovannino e Sant'Elisabetta
Gaeta 1550 ca. - Roma 1598)
Il dipinto costituisce uno dei capolavori d’arte sacra del pittore per l’attenzione alla resa dei particolari e per lo studio della luce che evidenzia le figure in primo piano, sottolineando la modestia della Madonna e la semplice umanità di Elisabetta. La scena offre uno squarcio di vita domestica la cui virtuosa intimità è resa attraverso la spontaneità dei gesti consueti. La rielaborazione dei modelli rinascimentali, primo fra tutti Raffaello, e la ricerca di una semplicità espressiva, aderente al “decoro” delle immagini religiose, perseguita dopo il Concilio di Trento, rendono il dipinto emblematico del nuovo linguaggio artistico, in cui la rappresentazione del sacro si colloca in una dimensione sospesa, un’arte “senza tempo” secondo la celebre definizione di Federico Zeri.
La collezione Borghese annoverava già dai primi decenni dell’XVII secolo alcuni dipinti di Scipione Pulzone, tra cui ritratti, genere che lo rese celebre per la sua abilità di ritrarre “al naturale”, tanto da ricevere incarichi sia dalla committenza pontificia che dai più importanti esponenti della nobiltà.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Datazione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Provenienza
Collezione Borghese, citato per la prima volta da Manilli (1650, p. 70); Inventario Fidecommissario Borghese (1833, A, p. 14, n. 4). Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
- 1982 Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
- 1993 Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
- 2000 Helsinki, Museo Amos Andersen
- 2008 Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
- 2010 Kyoto, The National Museum of Art
- 2011 Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
- 2013 Gaeta, Museo Diocesano, Castello Angioino Aragonese
- 2018 Forlì, Musei di San Domenico
Conservazione e Diagnostica
- 1874
- 1936 Augusto Cecconi Principi
- 1965 Alvaro Esposti
- 1993 Anna Maria Marcone e Paola Sannucci
- 2000 Nicola Salini
- 2009 Lidia Del Duca
Opera attualmente non esposta
Scheda
Il dipinto, di cui né la provenienza né la data di ingresso in collezione risultano determinate, è riconoscibile nel testo di Jacomo Manilli (1650, p. 70) che lo descrive presso la villa Borghese, collocato nella “Terza Stanza di Dafne”: “sopra la Porta, per la quale s’entra in questa camera, il quadro della Madonna con Christo, e San Giovannino, con altre figure, è di Scipion Gaetano”.
È possibile che l’opera fosse presente da tempo nella collezione. Nell’inventario dei beni di Giovanni Battista Borghese (1554-1609), fratello di Paolo V, redatto nel 1610 ma purtroppo privo di attribuzioni, si rileva la stretta pertinenza iconografica di un “quadro in tela con una Madonna con Xro picciolino, San Giovannino, S.ta Elisabeth et un altro santo con cornice d’albuccio toccato d’oro”. L’apprezzamento delle opere di Pulzone è del resto confermata dalla presenza di diversi dipinti dell’artista registrati nei diversi inventari.
Nell’inventario del 1693 l’opera è documentata nella prima stanza dell’appartamento del palazzo Borghese in Campo Marzio (“un quadro con la Madonna San Giovanni et Sant’Anna con San Giuseppe e Bambino tela d’Imperatore con N. [sic] di Scipione Gaetano”). Ed è ancora registrata nel 1809 nel gruppo di dipinti scelti da Camillo Borghese per arredare dapprima la nuova residenza del principe a Torino, all’indomani della nomina a governatore dei dipartimenti cisalpini conferitagli da Napoleone, e successivamente quella di Parigi. Al rientro delle opere al palazzo di Roma, nel 1816, a carico della tela viene registrata “qualche scrostatura di piccola cosa”. Alla fine del XIX secolo il dipinto viene trasferito definitivamente presso la villa Pinciana insieme al nucleo dei dipinti fidecommissari.
Dopo il severo giudizio di Adolfo Venturi, che riteneva lo stile del quadro di Pulzone “ispirato all’arte del Barocci” ma senza averne “la fluidità barroccesca, né la fusione delle tinte”, è stato Federico Zeri, nel noto scritto dedicato all’artista nel 1957, a segnare in modo definitivo la fortuna dell’opera, indicandone il valore di modello esemplare del nuovo linguaggio artistico sviluppatosi nel clima culturale post tridentino intorno al dibattito sul decorum delle immagini sacre propugnato dai Dialoghi di Giovanni Andrea Gilio (1564).
La scena rappresenta uno squarcio di vita domestica la cui virtuosa intimità è sottolineata dalla spontaneità dei gesti consueti, dall’affettuosità dei due bambini, dal volto serenamente consapevole della Vergine e da quello bonario e paziente dell’anziana Elisabetta, che trattiene affettuosamente il figlio Giovanni. La composizione è frutto di una sapiente selezione formale condotta sui maestri del Rinascimento, a partire da Raffaello, alla cui Madonna Colonna sembra direttamente ispirata la figura di Maria, non priva tuttavia di riferimenti alla Madonna delle ciliegie di Federico Barocci: quella “regolata mescolanza” che, unita a un sottile gusto arcaizzante, porterà a una nuova dimensione della rappresentazione del sacro, riassunta da Zeri nella fortunata definizione di “arte senza tempo”.
Il particolare della culla posta in scorcio in primo piano, prefigurazione della morte di Cristo, rivela, nella sua fattura severa, una stretta analogia con il sepolcro vuoto dell’Assunzione della Madonna eseguita da Pulzone per la chiesa di Santa Caterina dei Funari tra il 1595 e il 1598.
La fortuna del dipinto Borghese è testimoniata dalle copie e dalle numerose derivazioni, fra cui la Santa Prassede (Castrojeriz, Burgos, Museo della Collegiata), la Madonna della Divina Provvidenza (Roma, Convento di San Carlo ai Catinari) e la replica variata del Monastero El Escorial presso Madrid.
Simona Ciofetta
Bibliografia
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- Scheda di catalogo n. 12/01008074, M.B. Guerrieri Borsoi, 1980