Ritratto della famiglia del fratello
(Venezia 1485 - post 1549)
Il dipinto in collezione già dal 1613, ritrae la famiglia del fratello Arrigo, anch'egli pittore e ritenuto l'artefice dei ritratti infantili, mentre spetterebbero a Bernardino, oltre all'impostazione delle figure, i volti dello stesso Arrigo, di sua moglie Agnese e del primogenito Fabio, in seguito divenuto orefice e incisore e qui raffigurato nell'atto di sorreggere una statuetta del cosiddetto Torso del Belvedere.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Datazione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Cornice
‘800 con fregio loto/palmette, cm 127 x 184,5 x 7
Provenienza
Roma, collezione Scipione Borghese, 1613; Inventario 1693, Stanza V, n. 37; Inventario 1790, Inventario Fidecomissario, 1833, p. 9, n. 8. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
- 1983-1984 Londra, Royal Accademy of Arts
- 1986, San Pietroburgo, Hermitage
- 2003-2004 Roma, Palazzo Venezia
- 2004 Cremona, Museo Civico Ala Ponzone; New York, Metropolitan Museum of Art
- 2015 Venezia, Fondazione Prada;
- 2015-2016 Roma, Palazzo Altemps
- 2017 Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo
Conservazione e Diagnostica
- 1947 Carlo Matteucci
- 1983 Soprintendenza/ Conti
- 1996 Carlo Ceccotti (cornice)
- 2015 Christian Seghetta (restauro completo)
Opera attualmente non esposta
Scheda
Il dipinto, di provenienza indeterminata, entra precocemente nella collezione del cardinale Scipione Borghese, come attestato dalla sua citazione nel poema che Scipione Francucci dedicò alla raccolta nel 1613 (St. 406-428).
L’opera, ricordata negli inventari Borghese a partire dalla fine del Seicento, riporta una lunga iscrizione con la firma dell’autore Bernardino Licinio: “Exprimit hic fratem tota cum gente Lycinus et vitam his forma prorogat arte sibi. B. lycinii opus”. Questa frase permette anche l’identificazione del soggetto, un ritratto del fratello dell’artista con la sua famiglia, e l’intento commemorativo della rappresentazione.
Membro di una famiglia originaria del Bergamasco, Bernardino Licinio nacque probabilmente a Venezia intorno alla metà degli anni Ottanta del Quattrocento (Bortolotti 2005, p. 80) e qui ebbe la sua bottega. Nel dipinto Borghese, uno dei più noti della sua produzione, l’artista ritrae il fratello maggiore Arrigo, anch’egli pittore, insieme alla moglie Agnese e ai suoi sette figli (l’identificazione dei personaggi si deve a Ludwig 1903, p. 53). I più piccoli si trovano in prima fila insieme alla madre, raffigurata al centro, mentre in posizione leggermente arretrata si distinguono, oltre al padre Arrigo, Camillo e Fabio. Quest’ultimo è rappresentato con in mano un modelletto del Torso del Belvedere, allusivo del suo mestiere di orefice e incisore. I personaggi, tutti ben caratterizzati nei loro tratti somatici, volgono lo sguardo in diverse direzioni ad eccezione del fanciullo con il cappello rosso, l’unico rivolto verso lo spettatore.
La ritrattistica familiare, o più in generale di gruppo, viene affrontata più volte da Licinio, di cui si ricordano per esempio lo Scultore con cinque allievi (Alnwick Castle, collezione duca di Northumberland) e un altro Ritratto di famiglia (Hampton Court, Royal Collection). L’artista ricopre un ruolo importante nell’ambito delle cosiddette scene di conversazione (conversation piece), genere pittorico che mette al centro la raffigurazione di gruppi di familiari o amici colti in situazioni informali, solitamente in ambienti domestici o rurali (Cocchiara 2017, p. 290). Nel dipinto Borghese particolare risalto è dato alla figura di Agnese, la cui posizione centrale come perno visivo della scena allude simbolicamente al suo ruolo di fulcro familiare.
L’influenza della ritrattistica di Tiziano e Palma il vecchio, di cui certamente Licinio risentì, è unita ad un personale talento da cronista che porta l’autore ad un tipo di rappresentazione estremamente aderente alla realtà borghese in cui lui stesso viveva, del tutto priva di retorica e ostentazione e più vicina, per molti versi, ai modi della pittura lombarda (Bayer 2004, p. 147)
La conoscenza della vita e delle opere di Licinio fu per molto tempo sfavorita da un malinteso causato da Vasari, il quale da una parte sembra aver del tutto ignorato la presenza del pittore nel contesto veneziano dell’epoca, dall’altro attribuì al Pordenone il nome di Giovanni Antonio Licinio in luogo di Giovanni Antonio de’ Sacchis. L’errore venne chiarito solo all’inizio del Novecento grazie all’intervento di Gustav Ludwig (cit.).
Per quanto riguarda la cronologia del dipinto Borghese, la critica è concorde nel ricondurne l’esecuzione intorno alla metà degli anni Trenta del Cinquecento sulla scorta dei confronti con alcuni ritratti femminili di stesso periodo (Bortolotti cit., p. 83; Momesso 2009, p. 58; Gasparotto 2015, p. 243; Cocchiara, cit.)
Pier Ludovico Puddu
Bibliografia
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- J. Lermolieff, Kunstkritische Studien über Italienische Malerei. Die Galerien Borghese und Doria Pamphili in Rom, Leipzig 1890, pp. 316-317;
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- G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 28;
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- H. Macfall, The Renaissance in Venice, London 1911, p. 92;
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- A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, La pittura del Cinquecento, parte 3, Milano 1928, IX, 3, p. 179;
- Catálogo del Prado, Madrid 1933, p. 44, n. 289;
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- P. Della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (II), in “Arte Antica e Moderna”, XXVIII, 1964, p. 455;
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- F. Cocchiara, in Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 2017), a cura di E.M. Dal Pozzolo, Napoli 2017, pp. 290-291, n. II 6.4.