Il dipinto, in deposito dal 1916 presso la chiesa di Santo Spirito ad Urbino, risulta una variante della Madonna del Velo di Raffaello, eseguito da un anonimo pittore intorno alla metà del XVI secolo.
Rappresenta Gesù, ritratto sdraiato su un lettino, mentre Maria copre il suo tenero corpicino con un delicatissimo velo, assistita da Giuseppe e dal piccolo Giovanni Battista.
Cornice ottocentesca
Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 36; Della Pergola 1959) Acquisto dello Stato, 1902.
In deposito presso la chiesa di S. Spirito di Urbino.
La provenienza di questo dipinto è ignota. Le sue prime notizie, infatti, risalgono al 1833 quando la tela compare per la prima volta negli elenchi fedecommissari ottocenteschi descritta come opera di ignoto (Inv. Fid. 1833). Il quadro, citato come 'Anonimo' ancora nel 1891 (cfr. Piancastelli 1891), fu avvicinato per la prima volta da Adolfo Venturi alla scuola di Giulio Romano, pittore attivo nella prima metà del XVI secolo, considerato da sempre uno dei più fedeli allievi, nonché collaboratore, di Raffaello Sanzio.
Secondo Paola della Pergola, invece, il dipinto sarebbe una variante della Madonna del Velo di Raffaello (Chantilly, Museo Condé, inv. PE40), realizzato a detta della studiosa dalla stessa 'rozza mano' della Madonna col Bambino e san Giovannino di collezione Borghese (inv. 428; Della Pergola 1959) pubblicato nel 1959 come 'Copia da Giulio Romano' (Eid). È molto probabile, infatti, come suggerito da Paola della Pergola che l'autore di questa tela si sia rifatto ad un originale perduto eseguito da Giulio Romano, il quale avrebbe tradotto e variato a sua volta la composizione di Chantilly, quest'ultima attestata fino ai primi anni del XVII secolo presso la basilica di Santa Maria del Popolo a Roma, da dove fu prelevata dal cardinale Paolo Emilio Sfondrati, passando con altri dipinti della sua collezione, nella raccolta di Scipione Borghese (cfr. Deldicque 2020).
Antonio Iommelli