Questa imponente statua-ritratto presenta Augusto nelle vesti di Pontefice Massimo, la più alta carica sacerdotale romana. L’intera figura è ritratta in dimensioni maggiori del vero, è stante sulla gamba sinistra, mentre la destra è libera con il piede appena arretrato. Il corpo e il volto si inclinano verso destra, accennando un lieve movimento nello spazio. Il braccio destro è proteso in avanti e nella mano reca una patera (di restauro); il sinistro, invece, è piegato lungo il busto e la mano stringe un volumen (rotolo documentale). La figura indossa un’ampia toga, con il mantello che copre il capo secondo la consuetudine sacerdotale (velato capite). Accanto ai piedi si nota una capsa, ovvero una cassetta cilindrica impiegata per custodire i documenti. Il corpo del togato, realizzato successivamente, in realtà non è pertinente alla testa, che nei lineamenti del volto e nella capigliatura riprende l’immagine ritrattistica ufficiale del Princeps. Il ritratto, infatti, è opera di una officina romana, urbana, attiva intorno alla tarda età augustea.
Collezione Borghese, in Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 42, n. 17. Acquisto dello Stato, 1902.
La scultura presenta un personaggio maschile, di dimensioni maggiori del vero. Nell’opera può riconoscersi una statua-ritratto. La testa, tuttavia, non è pertinente al corpo, che per ragioni formali e stilistiche è una realizzazione senz’altro posteriore. Il ritratto, invece, riprende l’immagine ufficiale di Augusto, qui rappresentato, grazie all’integrazione con una statua togata, nelle vesti di Pontefice Massimo, la più alta carica sacerdotale romana, posta a capo del collegio dei pontefici, assunta il 6 marzo del 12 a.C.
L’intera figura è rappresentata in forme solenni, è stante sulla gamba sinistra, mentre la destra appare libera, con il piede leggermente arretrato. Il corpo e il volto si inclinano verso destra, accennando un lieve movimento nello spazio. Il braccio destro è proteso in avanti e nella mano reca una patera; il sinistro, invece, è piegato lungo il busto e la mano stringe un volumen (rotolo documentale). Il personaggio indossa un’ampia toga, che avvolge interamente la figura, e calza i calcei patricii. In basso si nota una capsa, ovvero una cassetta cilindrica impiegata per custodire i rotoli documentali. Il mantello che copre il capo, secondo la consuetudine sacerdotale (velato capite), costituisce un’aggiunta concomitante all’inserimento sulla statua togata della testa-ritratto, a sua volta rilavorata sul retro.
L’attributo della patera - oggetto impiegato per le libagioni durante i riti sacrificali - rimanda alle funzioni sacerdotali, ma è un elemento di restauro. Tuttavia, può dirsi verosimile la sua attinenza all’iconografia originale. Esito di una integrazione moderna è anche il naso. All’intervento conservativo del 1995 si deve, invece, la rimozione delle varie stuccature in gesso eseguite sulla scultura nel corso del tempo, al fine di mascherare perni e giunture.
I tratti del volto e del capo si direbbero rilavorati già in antico, probabilmente per assumere la fisionomia di Augusto. Caratterizzante è la corta e ben definita capigliatura, con due ciocche aperte a “coda di rondine” sulla fronte e a “tenaglia” sulle tempie. In generale, l’impostazione stilistica del ritratto mira a un recupero delle forme classiche. Dunque, se nella testa può riconoscersi l’opera di una officina romana, urbana, attiva intorno alla tarda età augustea, alla realizzazione del togato, per il trattamento della superficie marmorea, la resa del panneggio, le pieghe sinuose, lo stile classicistico, la forma del sinus (la parte di tessuto raccolta sul fianco) e dell’umbus (il lembo semicircolare, che ricade in avanti e appare ripiegato come a formare una tasca) si assegna una cronologia compresa tra gli anni 70 e 80 d.C. (Moreno 2003, p. 140).
In merito all’identità del personaggio Nibby immaginava che potesse trattarsi di Caligola (Nibby 1832, pp. 43-44); si deve, invece, al Bernoulli l’identificazione con un ritratto Augusto (Bernoulli 1882, p. 32) e, in seguito, a Felletti Maj il riconoscimento, nell’ambito della ritrattistica ufficiale augustea, del tipo cd. “Prima Porta” (Felletti Maj 1958). La creazione del ritratto tipo Prima Porta, o Haupttypus, risale agli anni immediatamente successivi all’assunzione del titolo di Augusto nel 27 a.C. Si distingue dai ritratti precedenti e giovanili, non solo per i lineamenti più maturi, ma per l’abbandono di forme ispirate ai volti dei sovrani ellenistici, che cedono il passo a una diversa, e più solenne, intonazione di ideale stile classico.
Sebbene tale inquadramento tipologico sia corretto, il volto dell’Augusto di Prima Porta appare più giovane, e idealizzato, rispetto a questo ritratto della Collezione Borghese, a sua volta più anziano dell’Augusto sacrificante che compare sui rilievi dell’Ara Pacis, ma dall’aspetto meno maturo dell’Augusto di via Labicana, dai tratti canuti e riflessivi, ma del tutto analogo quale tipo statuario. A questo modello iconografico, di alto valore formale, ideologico e rappresentativo, si rifanno le tante statue-ritratto togate che nel periodo imperiale dovevano ritrarre magistrati, sacerdoti o personaggi privati di rango elevato.
Diffusi a partire dalla tarda età augustea e fino alla fine dell’epoca severiana (con variazioni nella toga), particolarmente numerosi sono gli esemplari provenienti, oltre che Roma, da molti centri municipali e provinciali, dove erano esposti in contesti pubblici o funerari (sul tipo statuario Cadario 2011).
Nell’Inventario del Fidecommesso Borghese del 1833 questa scultura è registrata al n. 17, come già esposta nel Salone (p. 42).
Clara de Fazio