Entrata in epoca imprecisata nella collezione Borghese, la tavola è ricordata solo nell’inventario fidecomissario del 1833. Qui è elencata come un ritratto mentre in seguito, anche a causa delle numerose ridipinture, poi rimosse, venne identificata come una “Santa”. Il ritratto - identificato recentemente con quello della poetessa veneziana Cassandra Fedele - è strettamente legato alle celebri Dame del Museo Correr di Venezia. Come queste ritenuta a lungo una cortigiana, la donna al contrario va riconosciuta, per i gioielli che indossa e la sua acconciatura, come una giovane sposa appartenente alla classe nobiliare veneziana.
Collezione Borghese, documentata dall’Inventario Fidecommissario Borghese 1833. Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto è segnalato in collezione a partire dal fidecommisso del 1833, dove è ricordato come un “Ritratto, d’autore incerto”. Successivamente il direttore Piancastelli identifica la donna come una ‘santa’ per i pesanti rifacimenti che avevano enormemente abbassato le cromie dell’opera, rimossi nel 1916. In seguito all’intervento lo studioso avanzò per il dipinto il nome di Carpaccio, seguito dal Venturi ma non accettato da Longhi, Borenius e Hausenstein. Nel corso degli anni ’30 tuttavia l’attribuzione all’artista veneziano tornò in auge per essere oggi generalmente condivisa.
L’attenzione prestata alla resa dei lineamenti della fanciulla ne fa inevitabilmente un ritratto. Spetta a Vincenzo Farinella l’identificazione della giovane con la virtuosa poetessa veneziana Cassandra Fedele (1465 c- 1558), sposa dal 1499 del medico vicentino Gian Maria Mappelli. La data del matrimonio potrebbe essere legata all’esecuzione del dipinto in cui la celebre letterata si presenta con un’articolata acconciatura, ispirata a quella dell’imperatrice romana Faustina moglie di Antonino Pio, ricordata con il marito nelle fonti antiche come esempio di perfetta concordia matrimoniale e dunque modello da imitare.
La giovane è stata giustamente accostata a uno dei dipinti più noti di Carpaccio, oggi diviso tra il Museo Correr di Venezia, dove si conservano le celebri due dame sedute in attesa su una terrazza – ritenuto da John Ruskin "il dipinto più bello del mondo" - e la Caccia in valle del J. Paul Getty Museum di Los Angeles.
Secondo studi recenti si trattava in origine di un’unica tavola, divisa a metà in età imprecisabile, utilizzata forse come battente di una porta a soffietto (per la questione si rimanda alla scheda di catalogo della mostra di Washington e Venezia Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni, a cura di P. Humfrey, Venezia Marsilio, 2022, pp. 136-141). Nello scomparto veneziano le due dame sono acconciate, vestite e ingioiellate con le stesse caratteristiche della giovane della Galleria Borghese, che forse un tempo era ritratta su una tavola di dimensioni maggiori mutilata successivamente. L’ipotesi viene avanzata dato il taglio nel margine inferiore che interrompe la resa del ricco abito con scollatura tonda, ai cui lati si intravedono appena le maniche. Si tratta di una veste tipica degli anni ’90 del Cinquecento, indossata dalle donne di rango secondo le regole suntuarie della Serenissima, cui alludono anche il bianco della camicia e il giallo dell’abito (sulla scelta cromatica degli abiti rimando a R. Levi Pitzusky, Il costume e la moda nella società italiana, Torino 1995). Si tratta, come ha dimostrato Flavia Polignano in uno studio ormai celebre e risolutivo del soggetto carpaccesco (F. Polignano, Maliarde e cortigiane: titoli per una damnatio. Le Dame di Vittore Carpaccio, in” Venezia Cinquecento”, II, 3, 1992, pp.5-23), dei colori il cui abbinamento allude alla gioia d’amore, ulteriormente sottolineato nel dipinto veneziano da numerosi attributi animali e vegetali. Ma sono soprattutto i gioielli indossati dalle due dame, probabilmente madre e figlia, a risolvere definitivamente l’errato riconoscimento delle due donne come cortigiane. Si tratta di una collana di perle per la più giovane, mentre per la più matura un doppio giro di anellini d’argento. Se nel caso veneziano le collane sono divise tra le due donne, in quello romano sono presenti entrambe al collo della giovane. Come disposto dal Magistrato alle Pompe della Repubblica della Serenissima (G. Bistrot, Il Magistrato alle Pompe nella Repubblica di Venezia, 1912, rist. an. Bologna 1969, pp.184-186), che controllava rigidamente il modo in cui i cittadini apparivano in pubblico, le collane dovevano avere una lunghezza precisa “intorno al collo e non di più”, oltre al fatto che le perle, associate al casto concepimento di Maria, non potevano essere indossate da cortigiane e donne di rango non nobile. Inoltre potevano essere sfoggiate solo dalle giovani o al massimo dalle donne sposate da pochi anni. Ecco dunque che la dama Borghese va necessariamente identificata come donna di rango nobile e soprattutto sposata da poco tempo, data la presenza dell’unico giro di perle sovrapposto al triplo giro di anellini d'argento.
Riguardo all’acconciatura anche le Dame del Correr, spose e mogli devote, seguono l’esempio della celebre imperatrice, così come la giovane disegnata di Albrecht Dürer (Vienna, Albertina, inv. 3064r), databile allo stesso giro di anni dei dipinti carpacceschi e ispirata al medesimo modello di virtù.
Dunque non più una cortigiana ma al contrario una casta, devota e virtuosa poetessa, celebrata finanche da Lorenzo il Magnifico.
Sofia Barchiesi