Attribuita negli elenchi fedecommissari ad un ignoto artista di scuola veneta, questa tavola fa parte di un congruo nucleo di opere, in passato assegnato alla mano di Giulio Romano e oggi considerato in blocco, a eccezione della bella Madonna col Bambino e san Giovannino (inv. 374), un prodotto dell’attività della fiorente bottega del pittore raffaellesco eseguito con tutta probabilità da originali del Maestro.
La donna ritratta, di identità sconosciuta, è riccamente abbigliata. I suoi lineamenti così marcati e la fissità dello sguardo fanno pensare alla mano di un artista di non grande abilità pittorica, ma di notevole capacità introspettiva.
Cornice ottocentesca decorata con 4 palmette angolari (cm 73 x 70 x 8)
Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario 1833, p. 33). Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora sconosciuta. Elencato sia nell'inventario fedecommissario che nel catalogo di Giovanni Piancastelli (1891) come 'scuola di Paolo Veronese' (1833), questo ritratto, lasciato probabilmente incompiuto nel fondo e nella veste, fu variamente attribuito dalla critica a Dosso Dossi e a Giulio Romano, nomi confutati rispettivamente da Adolfo Venturi (1893) e da Roberto Longhi (1928), i quali evitarono di formulare nuove attribuzioni, optando - almeno per quanto riguarda Longhi - per un ignoto pittore romano del XVI secolo.
Nel 1959, sulla scorta di un parere orale sostenuto da Federico Zeri (in Della Pergola 1959), Paola della Pergola pubblicò il dipinto come autografo di Giulio Romano, nome certamente non estraneo all'autore di questa tavola, il quale con tutta probabilità fu legato alla nutrita bottega del pittore romano, sul quale la critica ha debitamente messo un punto di domanda (Herrmann Fiore 2006).
Antonio Iommelli