Il disegno, completato a tempera, venne acquistato probabilmente dal cardinale Scipione Borghese, uno dei tanti estimatori della pittrice bolognese, di cui possedeva altri due dipinti: Minerva in atto di abbigliarsi (inv. 7) e Il sonno di Gesù (inv. 437). L'opera, firmata e datata, fu eseguita a Roma nel 1606 e presenta il ritratto di un giovane che, posto di spalle, si gira verso l'osservatore con uno sguardo vivace, costituendo uno dei pochi documenti, realizzati con questa tecnica, da Lavinia Fontana.
(?) Roma, collezione Borghese, 1650 (Manilli 1650); Inventario 1700, Stanza IV, n. 39; Inventario 1790, Stanza VIII, n. 35; Inventario Fidecommissario, 1833, p. 20. Acquisto dello Stato, 1902.
Questo raffinato ritratto fu eseguito da Lavinia Fontana nel 1606 a Roma ed entrò con buona probabilità in collezione Borghese tramite il cardinale Scipione, noto all'epoca per essere uno dei più grandi estimatori della pittrice bolognese, alla quale nel 1613 commissionò la Minerva in atto di abbigliarsi (inv. 7).
Secondo Paola della Pergola (Eid. 1955), è da identificare con la "Testa del Redentore [sic; in realtà 'Salvatore']" così segnalata nel 1650 da Iacomo Manilli presso il casino di Porta Pinciana, un'ipotesi però alquanto discutibile poiché questo volto, così giovane e incorniciato da un'esuberante pettinatura, sembra appartenere a un giovane fanciullo piuttosto che a un Cristo maturo.
Questa Testa di giovane, infatti, è segnalata a partire dal 1650 presso il casino di Porta Pinciana, dove fu vista da Iacomo Manilli che la descrisse come una "testa del Redentore". Ritenuta da Adolfo Venturi (1893) una copia di mano della pittrice di un disegno dei Carracci, tratto a sua volta da un originale di Correggio, nel 1955 questa tempera fu considerata da Paola della Pergola uno studio preparatorio eseguito ex novo da Lavinia Fontana, e così pubblicata dalla studiosa nel catalogo dei dipinti della Galleria Borghese. Nel 1984, Angela Ghirardi (cfr. anche Ghirardi 2019) ipotizzò che il disegno fosse in realtà un bozzetto preparatorio per una delle figure ritratte sullo sfondo della perduta pala di San Paolo fuori le Mura, dipinta da Lavinia e ad oggi nota grazie a un'incisione di Jacques Callot; ipotesi seguita poco dopo da Maria Teresa Cantaro (1989) che, nel testo dedicato alla "pittora singolare", notò alcune analogie con la testa di San Giovanni visibile nel Matrimonio mistico di santa Caterina (già coll. Duke of Leuchtenberg).
Il disegno rientra tra la sua produzione di ritratti, genere ampiamente frequentato dalla 'pittora', col quale riuscì a imporsi sia a Bologna che a Roma, dove sperimentò soluzioni permeate da un forte gusto raffaellesco (Longhi 1928), debitrici al contempo di un naturalismo di origine carraccesca (Ghirardi 1984), attraverso il quale riuscì a restituire - come in questo caso - vita all'effigiato. Il volto, infatti, incorniciato da una fluente chioma, è ritratto mentre si volge verso lo spettatore, col quale silente instaura un dialogo con gli occhi.
Antonio Iommelli