Attestato con certezza nella raccolta pinciana a partire dal 1833, il dipinto è stato variamente attribuito a Raffaello, alla scuola del Perugino, a Timoteo Viti e infine a Ridolfo del Ghirlandaio. Raffigura un giovane ragazzo, ritratto a mezzo busto contro uno sfondo di paesaggio, le cui fattezze e la berretta nera ricordano l'Autoritratto di Raffaello degli Uffizi, opera presente con una copia nella raccolta Borghese (inv. 400) con la quale in passato questo ritratto è stato spesso confuso.
Cornice ottocentesca decorata con quattro palmette angolari (cm 44 x 33,5 x 5,8)
(?) Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza I, n. 61); (?) Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza IV, n. 23); Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario Borghese 1833, Stanza III, n. 47). Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora ignota. La pista, infatti, tracciata da Paola della Pergola (Ead. 1959; 1963; 1964) secondo cui il ritratto proverrebbe dalla collezione di Olimpia Aldobrandini senior, resta alquanto impraticabile, poiché l'opera individuata dalla studiosa nell'inventario della principessa del 1682 ("Un quadro in tavola con la testa d'un Putto con capigliatura longa et alto palmi uno di Raffaele di Urbino, con cornice dorata"; Inv. Olimpia Aldobrandini 1682 in Della Pergola 1963; Ead. 1964) è da identificare con la copia del celeberrimo Autoritratto di Raffaello (Firenze, Galleria degli Uffizi) tuttora conservata in Galleria (inv. 400).
Scartata, dunque, questa vecchia ipotesi, al momento la prima citazione sicura sul quadro risale al 1833, quando è così descritto negli elenchi fedecommissari: "Ritratto di Raffaello, dipinto da Timoteo di Urbino" (Inv. Fid. 1833). Tale attribuzione, precisata dal Passavanti (1860) con quella di Timoteo Viti, fu però respinta dal Cavalcaselle (1891) che parlò per la prima volta di Ridolfo del Ghirlandaio, nome accettato da tutta la critica (Longhi 1928; De Rinaldis 1935; Della Pergola 1959; Herrmann Fiore 2006), ad accezione sia di Adolfo Venturi, che optò per la Cerchia del Perugino'; sia di Giovanni Morelli (cfr. Della Pergola 1959) che tirò in ballo Domenico Alfani.
Nel 1968 Brigitte Heinzi ha confermato la paternità dell'opera al pittore fiorentino, figlio del noto Domenico, che a detta di Giorgio Vasari, godendo della stima e dell'amicizia di Raffaello, ultimò alcune sue opere come la Bella giardiniera (Parigi, Museo del Louvre; Chiarini 1968).
Antonio Iommelli