L’opera, una Sacra Famiglia dipinta su tavola, è di Pedro Machuca, pittore spagnolo vissuto nella prima metà del Cinquecento e attestato in Italia alla fine del secondo decennio. Da un punto di vista compositivo il dipinto è evidentemente ispirato ad alcune note opere raffaellesche, quali la Madonna della Tenda (Monaco) e soprattutto la Madonna della Seggiola (Firenze). Di provenienza incerta, l’opera è stata ricondotta alla mano dell’artista spagnolo da Nicole Dacos negli anni Ottanta.
Il dipinto, rappresentante la Sacra Famiglia, fu eseguito dal pittore e architetto spagnolo Pedro Machuca durante un soggiorno in Italia. Qui la sua presenza è attestata almeno dal 1517, quando firma la Madonna del Suffragio (Madrid, Museo del Prado), una delle sue opere più importanti, e arriva fino al 1520, anno del ritorno in patria.
La provenienza della tavola è sconosciuta e la sua identificazione negli antichi inventari di casa Borghese risulta pressoché impossibile tra le generiche citazioni di opere con tale soggetto attribuite a Raffaello o alla sua scuola. L’unica corrispondenza avanzata finora è quella con un dipinto citato nell’elenco fidecommissario, così descritto: “Madonna, e Bambino, di Giulio Romano, largo palmi 2 ½, alto palmi 3, oncie 7, in tavola”, che individuerebbe il 1833 come unico termine ante quem per l’ingresso dell’opera nella collezione Borghese (Della Pergola 1959, p. 127).
L’assegnazione del dipinto a Giulio Romano viene ripresa da Giovanni Piancastelli (1891, p. 324) ma successivamente rifiutata da Adolfo Venturi (1893, p. 112). La questione attributiva è ancora aperta negli anni Cinquanta, quando Paola Della Pergola (cit.), catalogando l’opera come “derivazione da Raffaello”, ne sottolinea i richiami alla Madonna della Tenda (Monaco, Alte Pinakothek) e alla Madonna della Seggiola (Firenze, Palazzo Pitti), e si conclude solo nel 1984, quando Nicole Dacos (p. 332), riprendendo un’intuizione del Longhi (1967, p. 341; Id. 1969, pp. 34-39), restituisce definitivamente il quadro al pittore spagnolo sulla base del confronto stilistico con la già citata Madonna del Suffragio.
A confronto con i modelli raffaelleschi citati, è evidente il richiamo al motivo delle braccia di Maria avvolte attorno al Bambino e, in particolare rispetto alla Madonna della Seggiola, quello dei loro volti accostati. La posizione dei due protagonisti appare invertita rispetto ai dipinti dell’Urbinate, aspetto che potrebbe indicare una conoscenza di questi ultimi tramite incisione da parte dell’artista spagnolo (Della Pergola, cit.). Diversa appare inoltre la dinamica tra i due personaggi, laddove nel dipinto di Machuca il figlio, stringendo in mano il simbolico cardellino, pare quasi divincolarsi dall’abbraccio della madre, la quale sembra volerlo rassicurare trattenendolo a sé; ne risulta un senso di irrequietezza molto diverso e essenzialmente opposto rispetto all’armonia che lega invece la Madonna e il Bambino del modello di Palazzo Pitti.
Se nel dipinto di Raffaello il rapporto tra i due protagonisti segue un ritmo circolare, accentuato dalla forma del supporto, qui i corpi sembrano invece incastrarsi secondo una linea che corre in diagonale, in contrasto con il perfetto equilibrio formale del modello (Costamagna 1984, p. 135).
Oltre ai rimandi alla produzione raffaellesca, Kristina Herrmann Fiore (2011, p. 283) sottolinea i riferimenti iconografici a Michelangelo e Sebastiano del Piombo. Del Buonarroti richiama l’immagine della madre che tiene in braccio il figlio nel Diluvio Universale della Cappella Sistina, soprattutto per la tensione trasmessa dalla posizione dei corpi nel dipinto Borghese, mentre la testa di Giuseppe, rappresentato barbuto e calvo sullo sfondo, appare come una citazione dell’uomo alle spalle di Cristo nella Resurrezione di Lazzaro di Sebastiano (Londra, National Gallery). Le volumetrie solide, come pure l’uso del colore, risentono anch’esse della corrente di pittura michelangiolesca.
Gli incarnati chiari della Madonna e del Bambino sono esaltati dalla luce che li colpisce in maniera diretta, lasciando nell’ombra la figura di Giuseppe, con lo sguardo rivolto altrove, di cui sono visibili soltanto la testa e una mano.
L’artista combina nel dipinto una serie di elementi derivati dalle opere dei Grandi Maestri interpretandoli in una chiave del tutto personale, non priva di un accento drammatico che diventerà ancora più pervasivo nelle opere posteriori al suo rientro in patria.
I profondi e suggestivi occhi scuri dei personaggi sono tipici della produzione di Machuca, e contribuiscono ad esaltare quel senso di irrequietezza che attraversa l’opera.
Pier Ludovico Puddu