Il dipinto, di provenienza sconosciuta, è citato negli inventari Borghese a partire dal 1693 con l’attribuzione a Perin del Vaga (Pietro Bonaccorsi). L’opera è certamente riferibile ad un ambito post-raffaellesco e presenta elementi pittorici riconducibili alla corrente manierista di metà Cinquecento tra Roma, Firenze e Bologna. L’autografia di Perin del Vaga, seppur il riferimento all’artista resti tuttora valido, non convince del tutto la critica, che ha anche proposto di identificare l’autore in un seguace fiammingo attivo nell’Italia centrale.
Salvator Rosa; cm 149,1 x 127,5 x 8
Collezione Borghese, citato in Inventario 1693, Stanza I, n. 10; Inventario 1790, Stanza V, n. 8; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 10. Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto in tela rappresenta la Sacra Famiglia con San Giovannino e Sant’Elisabetta. La scena è quasi interamente occupata dalla figura di Maria che tiene in braccio il Bambino, la cui posizione scomposta ben suggerisce l’atto appena compiuto, quello di afferrare un pomo dal piatto di frutta offertogli da San Giovannino. Quest'ultimo, rappresentato nell’angolo in basso a destra della composizione, è visibile solo per metà. A sinistra appare Sant’Elisabetta, talvolta interpretata come Sant’Anna, in posizione leggermente arretrata, mentre alle sue spalle, in lontananza, è raffigurato San Giuseppe con il suo asino. La luce proveniente dalla parte opposta della composizione investe completamente la Madonna e il Bambino, lasciando più in ombra gli altri personaggi ed evidenziando il ruolo dei due protagonisti. L’effetto luministico, oltre ad una valenza simbolica, ne esalta i delicati incarnati e crea uno splendido effetto di cangiantismo sulla manica della veste della Vergine (Stefani 2000, p. 230). Interessanti sono anche la resa dello scollo dell’abito, a cui Gesù si è aggrappato forse per non perdere l’equilibrio, gestualità che riprende un motivo di derivazione raffaellesca, e le trasparenze del velo di Maria, della veste di San Giovannino e del panno che ricopre Gesù all’altezza dei fianchi.
L’opera, di provenienza sconosciuta, è presente in collezione Borghese almeno a partire dalla fine del Seicento, come dimostra la sua citazione nell’inventario del ‘93: “Sotto detto un quadro dell’istessa grandezza con la Madonna, Bambino e S. Anna con un Putto, che porta delli frutti al Bambino del N. 116 con cornice dorata di Pierin del Vago”. L’attribuzione a Perin del Vaga (Pietro Bonaccorsi) permane anche nel successivo elenco redatto nel 1790 (“Una Madonna col Bambino, Perin del Vaga”), e in quello fidecommissario del 1833 (“Sagra Famiglia, del Pierin del Vaga, larga palmi 5; alto palmi 6, oncie 2).
Il riferimento all’artista fiorentino viene messo in discussione da Adolfo Venturi (1893, p. 197), il quale riconduce il dipinto a Domenico Fetti, assegnazione non ritenuta convincente da Roberto Longhi (1928, p. 217) e successivamente da Paola Della Pergola (1959, pp. 108-109). Entrambi gli studiosi riportano l’opera sotto la sfera di Perin Del Vaga e in particolare Della Pergola si sofferma sull’impostazione della scena, sulla grandiosità del personaggio di Maria e sulle figure dei due infanti come elementi significativi per tale assegnazione.
Il dipinto appartiene senza dubbio ad una sfera post-raffaellesca e riunisce elementi pittorici di stampo manieristico osservabili in ambiente romano, fiorentino e bolognese. Non è escluso, come suggerito da alcuni aspetti coloristici e materici, che l’autore possa identificarsi con un artista fiammingo attivo nell’Italia centrale intorno alla metà del Cinquecento. L’ipotesi, suggerita da Della Pergola (cit.), è accolta in tempi più recenti da Kristina Herrmann Fiore (2006, p. 135), la quale cataloga l’opera sotto un seguace fiammingo di Perin del Vaga.
Pier Ludovico Puddu