Il dipinto, attestato in collezione Borghese a partire dal 1650, è stato avvicinato dalla critica al pittore bresciano Girolamo Muziano. Raffigura Francesco, il santo di Assisi, in meditazione davanti al crocifisso. Ritratto inginocchiato e con gli occhi rivolti al cielo, il beato esprime quegli ideali perseguiti dalla Chiesa nel periodo della Controriforma, quando le immagini, oltre ad essere chiari e ben comprensibili, dovevano suscitare pietismo e partecipazione nell'osservatore.
Salvator Rosa (cm 93 x 70 x 6,8)
Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza IX, n. 31; Della Pergola 1959); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 17. Acquisto dello Stato, 1902.
La tela raffigurante Francesco di Assisi è segnalata per la prima volta nella raccolta Borghese da Iacomo Manilli che nel 1650 la vide presso il casino di Porta Pinciana (Manilli 1650). Descritta da sempre come Girolamo Muziano (Manilli 1650; Venturi 1893; Della Pergola 1959), tale attribuzione è stata accettata da tutta la critica, ad eccezione di Roberto Longhi (1928) e Ugo da Como (1930), per i quali il dipinto si mostra alquanto debole per essere considerato un autografo del maestro. Di parere simile fu Paola della Pergola (Ead. 1959) che però, pur considerando la tela Borghese meno intensa rispetto ad altre opere del Muziano, ritenne opportuno assegnarla all'artista bresciano, trattandosi a detta della studiosa di un prodotto 'commerciale', realizzato per far fronte ad una grande richiesta di immagini devozionali. In effetti, nonostante alcuni studiosi ritengano sia stata eseguita da un suo seguace (Hermann Fiore 2006; Marciari 2004), l'opera può essere collocata senza alcun problema accanto ad altri dipinti con analogo soggetto eseguiti dal pittore (Tosini 2019), con i quali il quadro Borghese condivide lo stesso modo di rendere l'ambientazione - ridotta all'essenziale per enfatizzare la figura del santo - e diversi dettagli 'morelliani' come gli occhi lucidi, le mani dalle dita affusolate e la resa del saio. Come debitamente ribadito da Patrizia Tosini (Ead. 2018), che conferma l'autografia al maestro bresciano, la tela Borghese può essere stilisticamente avvicinata agli apostoli della Pentecoste Vaticana e all'Ascensione di Cristo della Vallicella, da datare dunque intorno al 1581.
Antonio Iommelli